Galleggiare non si può più

I conti non tornano. Da un lato non c’è giorno senza che una dichiarazione di qualche leader europeo o del fondo monetario internazionale, confermi l’affidabilità di Mario Monti e della giustezza delle scelte del governo italiano. Dall’altro lato lo spread tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi sale settimana dopo settimana. Abbiamo avuto l’ennesimo venerdì nero delle borse e il differenziale è arrivato a cinquecento punti. Siamo stati contagiati, dice Monti. Il motivo? L’incertezza della situazione politica dice il capo dei tecnici. I mercati temono che con le elezioni del prossimo anno prevalgano forze politiche incapaci di formare un governo rigoroso quanto lo è quello degli specialisti che ci governano. L’argomento è di quelli che suggeriscono qualche approfondimento. E’ già in atto una campagna di stampa dei grandi giornali che sposano la tesi del grande accordo tra i principali partiti come panacea che tranquillizzerà i mercati. Domanda: il governo Monti è retto da una coalizione composta da tutti i partiti meno Lega e Idv. Quello di Monti, risulterà il governo che ha prodotto più decreti legge e ha avuto più voti di fiducia. Il ruolo del parlamento è esclusivamente quello di votare tutto ciò che decidono a Palazzo Chigi. I partiti continuano nei loro contorcimenti, ma non sembrano in grado di disturbare Monti che, rigorosamente, continua nella sua strada incentrata sull’austerità e sui tagli alla spesa pubblica. Eppure lo spread è continuato a salire. Tecnicamente, qualcosa non funziona. Si temono le elezioni prossime venture, dicono. Anche prima delle elezioni francesi si sosteneva che la vittoria di Hollande avrebbe provocato problemi ai mercati. Non è successo. E le elezioni in Grecia? Se avesse vinto la sinistra, sarebbe stato il disastro. Ha vinto la destra e il disastro è avvenuto puntualmente. In Spagna ha vinto Mariano Rajoy del Partito Popolare ma non è servito a nulla. I capitali spagnoli hanno continuato a trasferirsi in Germania. Che il turbo capitalismo fosse indifferente alla democrazia è cosa nota da qualche tempo. L’incognita è se i popoli possono o no continuare a pretendere di scegliere liberamente i propri governanti o se lo stato di emergenza creato dalla speculazione finanziaria non consiglia la sospensione della democrazia. Non si vuole prendere atto che la crisi della politica non può che trascinare con sé il peggioramento della democrazia. E in Italia la crisi della politica sta raggiungendo limiti estremi. In parlamento esistono due maggioranze. La prima sostiene il governo Monti ed è composta dal Partito Democratico, dai Pidiellini e dai centristi attorno a Casini e Fini. Poi si è riformata l’alleanza Bossi-Berlusconi che serve a impedire la riforma della legge elettorale e a stravolgere la Carta Costituzionale. La rincorsa di Di Pietro alle argomentazioni del Grillo nazionale, l’attacco ripetuto al Quirinale del capo dell’Idv, non può che comportare l’impossibilità di un’alleanza elettorale con il Pd. Casini prende atto che Bersani è una brava persona con cui sarà possibile governare a patto che Vendola e compagni stiano da un’altra parte. I montiani interni ai democratici esultano. Non sembra lo stiano facendo coloro che si sono iscritti o votano i democratici, convinti che sia un partito in cui essere di sinistra non sia un reato. Con Sel il Pd ha conquistato Milano, Napoli, Genova, Bari, Cagliari, eccetera. E con Casini? Un comune nelle Marche? Non ricordo altro di rilevante.
Quanta confusione sotto il cielo della politica. Per fortuna c’è la Corte Costituzionale. Al venerdì nero delle borse va aggiunto il venerdì felice per la democrazia italiana. Quante volte a referendum approvato da maggioranze rilevanti, era seguita la truffa di leggi che andavano esattamente contro il risultato referendario? L’elenco sarebbe lungo. Il referendum del 12 e 13 giugno del 2011 verteva sulla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici. Ventisette milioni d’italiani hanno votato per impedire questa possibilità. Referendum vinto alla grande. Il governo Berlusconi con una legge ha in sostanza annullato il risultato e, a seguire, Monti con il decreto “Salva Italia” ha proseguito nella stessa strada. Lui è un fissato delle privatizzazioni: il pubblico gli provoca allergie. La sentenza della Corte ha dichiarato incostituzionali i provvedimenti voluti dai suddetti primi ministri. L’acqua e altri beni pubblici non possono essere privatizzati obbligatoriamente. La decisione della Consulta non legittima certo la cattiva amministrazione di servizi pubblici. Anzi impone agli amministratori un rigoroso esame del loro funzionamento dei loro costi e dei loro benefici per i cittadini. Da questo punto di vista anche in Umbria c’è un lavoro da fare. L’innovazione non è preclusa dalla sentenza della Corte Costituzionale, è invece divenuta obbligatoria in tutte quelle gestioni pubbliche che risultano inadeguate rispetto alle possibilità offerte dall’avanzamento tecnologico e/o dall’offerta presente nel settore privato. Una revisione della spesa intelligente sarebbe opportuna in una regione che, in altre stagioni, ha saputo trovare la strada per risparmiare risorse e aumentare i servizi al cittadino. Non è cosa facile. Troppe le incrostazioni e le nicchie di privilegio consolidatesi nel tempo. E’ richiesto coraggio politico e determinazione. Sono tempi questi in cui galleggiare non si può. I marosi sono di tale intensità da richiedere un cambio di passo rispetto al già noto.
Corriere dell’Umbria 22 luglio 2012

Galleggiare non si può più

I conti non tornano. Da un lato non c’è giorno senza che una dichiarazione di qualche leader europeo o del fondo monetario internazionale, confermi l’affidabilità  di Mario Monti e della giustezza delle scelte del governo italiano. Dall’altro lato lo spread tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi sale settimana dopo settimana. Abbiamo avuto l’ennesimo venerdì nero delle borse e il differenziale è arrivato a cinquecento punti. Siamo stati contagiati, dice Monti. Il motivo? L’incertezza della situazione politica dice il capo dei tecnici. I mercati temono che con le elezioni del prossimo anno prevalgano forze politiche incapaci di formare un governo rigoroso quanto lo è quello degli specialisti che ci governano. L’argomento è di quelli che suggeriscono qualche approfondimento. E’ già  in atto una campagna di stampa dei grandi giornali che sposano la tesi del grande accordo tra i principali partiti come panacea che tranquillizzerà  i mercati. Domanda: il governo Monti è retto da una coalizione composta da tutti i partiti meno Lega e Idv. Quello di Monti, risulterà  il governo che ha prodotto più decreti legge e ha avuto più voti di fiducia. Il ruolo del parlamento è esclusivamente quello di votare tutto ciò che decidono a Palazzo Chigi. I partiti continuano nei loro contorcimenti, ma non sembrano in grado di disturbare Monti che, rigorosamente, continua nella sua strada incentrata sull’austerità  e sui tagli alla spesa pubblica. Eppure lo spread è continuato a salire. Tecnicamente, qualcosa non funziona. Si temono le elezioni prossime venture, dicono. Anche prima delle elezioni francesi si sosteneva che la vittoria di Hollande avrebbe provocato problemi ai mercati. Non è successo. E le elezioni in Grecia? Se avesse vinto la sinistra, sarebbe stato il disastro. Ha vinto la destra e il disastro è avvenuto puntualmente. In Spagna ha vinto Mariano Rajoy del Partito Popolare ma non è servito a nulla. I capitali spagnoli hanno continuato a trasferirsi in Germania. Che il turbo capitalismo fosse indifferente alla democrazia è cosa nota da qualche tempo. L’incognita è se i popoli possono o no continuare a pretendere di scegliere liberamente i propri governanti o se lo stato di emergenza creato dalla speculazione finanziaria non consiglia la sospensione della democrazia. Non si vuole prendere atto che la crisi della politica non può che trascinare con sè il peggioramento della democrazia. E in Italia la crisi della politica sta raggiungendo limiti estremi. In parlamento esistono due maggioranze. La prima sostiene il governo Monti ed è composta dal Partito Democratico, dai Pidiellini e dai centristi attorno a Casini e Fini. Poi si è riformata l’alleanza Bossi-Berlusconi che serve a impedire la riforma della legge elettorale e a stravolgere la Carta Costituzionale. La rincorsa di Di Pietro alle argomentazioni del Grillo nazionale, l’attacco ripetuto al Quirinale del capo dell’Idv, non può che comportare l’impossibilità  di un’alleanza elettorale con il Pd. Casini prende atto che Bersani è una brava persona con cui sarà  possibile governare a patto che Vendola e compagni stiano da un’altra parte. I montiani interni ai democratici esultano. Non sembra lo stiano facendo coloro che si sono iscritti o votano i democratici, convinti che sia un partito in cui essere di sinistra non sia un reato. Con Sel il Pd ha conquistato Milano, Napoli, Genova, Bari, Cagliari, eccetera. E con Casini? Un comune nelle Marche? Non ricordo altro di rilevante.
Quanta confusione sotto il cielo della politica. Per fortuna c’è la Corte Costituzionale. Al venerdì nero delle borse va aggiunto il venerdì felice per la democrazia italiana. Quante volte a referendum approvato da maggioranze rilevanti, era seguita la truffa di leggi che andavano esattamente contro il risultato referendario? L’elenco sarebbe lungo. Il referendum del 12 e 13 giugno del 2011 verteva sulla privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici. Ventisette milioni d’italiani hanno votato per impedire questa possibilità . Referendum vinto alla grande. Il governo Berlusconi con una legge ha in sostanza annullato il risultato e, a seguire, Monti con il decreto “Salva Italia” ha proseguito nella stessa strada. Lui è un fissato delle privatizzazioni: il pubblico gli provoca allergie. La sentenza della Corte ha dichiarato incostituzionali i provvedimenti voluti dai suddetti primi ministri. L’acqua e altri beni pubblici non possono essere privatizzati obbligatoriamente. La decisione della Consulta non legittima certo la cattiva amministrazione di servizi pubblici. Anzi impone agli amministratori un rigoroso esame del loro funzionamento dei loro costi e dei loro benefici per i cittadini. Da questo punto di vista anche in Umbria c’è un lavoro da fare. L’innovazione non è preclusa dalla sentenza della Corte Costituzionale, è invece divenuta obbligatoria in tutte quelle gestioni pubbliche che risultano inadeguate rispetto alle possibilità  offerte dall’avanzamento tecnologico e/o dall’offerta presente nel settore privato. Una revisione della spesa intelligente sarebbe opportuna in una regione che, in altre stagioni, ha saputo trovare la strada per risparmiare risorse e aumentare i servizi al cittadino. Non è cosa facile. Troppe le incrostazioni e le nicchie di privilegio consolidatesi nel tempo. E’ richiesto coraggio politico e determinazione. Sono tempi questi in cui galleggiare non si può. I marosi sono di tale intensità  da richiedere un cambio di passo rispetto al già  noto.
Corriere dell’Umbria 22 luglio 2012

La guerra dell’euro

Per gli attori protagonisti il cast è a buon punto. Certa la presenza di Silvio Berlusconi e Tony Blair, si attende la disponibilità di Umberto Bossi per programmare le riprese. Il titolo non ancora definitivo potrebbe essere “La notte del governo dei morti viventi”, ma non è detto che sarà questo. Più che all’horror movies il produttore sembra intenzionato, con qualche ragione, a dare un taglio comico al film. Se questa fosse la scelta altri protagonisti sarebbero indispensabili. Contatti sono in corso con gli alti dirigenti della Moody’s, l’agenzia di rating che ha declassato il debito sovrano italiano la notte prima di un’asta sui BBT. Moody’s è la stessa agenzia che ha nel carnet altre corrette previsioni: la conglomerata americana Enron giudicata con la tripla AAA dai signori della Moody’s nel duemilauno, fallita miseramente. Come dimenticare la tripla AAA assegnata alla Lehman Brothers nel duemilaotto anch’essa improvvisamente venuta meno? Si potrebbe continuare ma servirebbe a poco: siamo nelle mani di speculatori che agiscono senza contrasto alcuno. Com’è possibile considerare l’Italia meno affidabile del Kazakistan? L’Italia nonostante i disastri dei berluscones al governo rimane la seconda potenza manifatturiera dell’Europa. Mario Monti ha ragione nella protesta contro l’agenzia di rating. Dovrebbe domandarsi però che cosa stanno facendo le élite politiche europee per contrastare la guerra all’euro voluta essenzialmente dai proprietari delle agenzie di rating. Perché di guerra contro l’euro si tratta. Obama può lamentarsi quanto vuole per la mancata crescita europea: i proprietari delle agenzie di rating sono i soci dei grandi fondi d’investimento americani che guadagnano proprio sulle valutazioni delle società di rating. Potrebbe il presidente discutere della cosa con Buffet il multimiliardario suo sponsor e uno dei proprietari della Moody’s? Che concorrenza ci può essere quando le tre agenzie di rating americane controllano il novanta per cento del mercato su cui si fanno soldi? Possibile che la Comunità Europea che crea strutture su strutture spesso inutili, non sia riuscita a darsi agenzie di rating indipendenti? Il problema è l’ideologia dominante. Essa assegna al mercato un ruolo salvifico nonostante sia evidente che, quello finanziario, è un mercato truccato. L’austerità imposta ai popoli non è riuscita a invertire i processi recessivi, serve a garantire lauti guadagni agli speculatori e a garantire alla Germania investimenti a tasso zero. Quanto può durare una situazione in cui la democrazia sembra sospesa e tutto è deciso da entità misteriose ai più? La tenuta sociale è ormai a limiti preoccupanti in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Italia. L’economia reale non dà segni di ripresa perché le “riforme” del governo Monti anche nei loro aspetti positivi, non riescono ad attivare la fiducia nelle forze produttive di cui rimane pur ricco il Paese. E’ intollerabile che il mondo del lavoro e della produzione sia considerato una lobby e il mondo delle banche e della finanza l’entità da salvaguardare costi quel che costi e di là dei concreti comportamenti dell’universo del credito. Il problema è politico. Gli informi agglomerati chiamati partiti, sembrano essere tutti in confusione permanente. Il povero Alfano dovrà aspettare un altro giro. Ha ballato una sola estate, il Capo è tornato. Maroni cerca educatamente di ridare un senso al leghismo ma le macerie da rimuovere sono tante. Come tante sono le incertezze nel campo del centrosinistra. L’azione del governo Monti ha sparigliato le forze in campo. L’unico che sembra avere il vento in poppa è il movimento dei Grillini. Ciò incide nella tenuta di tutte le forze politiche tradizionali. E tutte sembrano alla ricerca di un punto di gravità permanente. Confesso di non aver ancora capito quale idea di alleanza ha in testa il partito democratico. Dopo il fallimento dei governi Prodi è giustificata la cautela nella scelta degli alleati. Non aiutano certo le sparate dipietriste ma dannose sembrano essere anche le fughe in avanti dei montiani interni al partito di Bersani. Duole dirlo ma l’impressione che si ha è che il PD rimane lacerato dalle sue diverse sensibilità. Un partito che sta rischiando alla grande scegliendo di spostare ancora più al centro la sua posizione. Sarebbe ingeneroso non valutare l’oggettiva difficoltà del principale partito del centrosinistra. Nella scelta di salvare il governo Monti Bersani e company, hanno dovuto accettare provvedimenti che penalizzano ceti cui il PD deve rispondere. La revisione della spesa pubblica sacrosanta in molti aspetti, è anche micidiale per la tenuta di quel minimo di Stato Sociale costruito in tanti anni di lotte democratiche. Si colpisce la sanità nei suoi sprechi? Non solo. Non tutti i sistemi sanitari regionali sono fondati sullo spreco. Complessivamente l’incidenza della sanità sul prodotto interno lordo è di circa il sette per cento, un punto in meno della media europea. Se qualcuno ha in mente la privatizzazione come panacea, sommessamente ricordo che la sanità privata americana incide per il diciotto per cento sul PIL. Tagli lineari sono sbagliati colpiscono le eccellenze e possono favorire soltanto la sanità privata che, come detto, costa molto di più di una buona sanità pubblica. Anche in Umbria la responsabilità di ciascuno deve essere quella di ricercare senza paraocchi o interessi particolari dove produrre risparmi e innovare la risposta ai bisogni dei cittadini. Le sacche di privilegio e di particolarismi possono e devono essere sconfitte.
Corriere dell’Umbria 15 luglio 2012

La guerra dell’euro

Per gli attori protagonisti il cast è a buon punto. Certa la presenza di Silvio Berlusconi e Tony Blair, si attende la disponibilità  di Umberto Bossi per programmare le riprese. Il titolo non ancora definitivo potrebbe essere “La notte del governo dei morti viventi”, ma non è detto che sarà  questo. Più che all’horror movies il produttore sembra intenzionato, con qualche ragione, a dare un taglio comico al film. Se questa fosse la scelta altri protagonisti sarebbero indispensabili. Contatti sono in corso con gli alti dirigenti della Moody’s, l’agenzia di rating che ha declassato il debito sovrano italiano la notte prima di un’asta sui BBT. Moody’s è la stessa agenzia che ha nel carnet altre corrette previsioni: la conglomerata americana Enron giudicata con la tripla AAA dai signori della Moody’s nel duemilauno, fallita miseramente. Come dimenticare la tripla AAA assegnata alla Lehman Brothers nel duemilaotto anch’essa improvvisamente venuta meno? Si potrebbe continuare ma servirebbe a poco: siamo nelle mani di speculatori che agiscono senza contrasto alcuno. Com’è possibile considerare l’Italia meno affidabile del Kazakistan? L’Italia nonostante i disastri dei berluscones al governo rimane la seconda potenza manifatturiera dell’Europa. Mario Monti ha ragione nella protesta contro l’agenzia di rating. Dovrebbe domandarsi però che cosa stanno facendo le èlite politiche europee per contrastare la guerra all’euro voluta essenzialmente dai proprietari delle agenzie di rating. Perchè di guerra contro l’euro si tratta. Obama può lamentarsi quanto vuole per la mancata crescita europea: i proprietari delle agenzie di rating sono i soci dei grandi fondi d’investimento americani che guadagnano proprio sulle valutazioni delle società  di rating. Potrebbe il presidente discutere della cosa con Buffet il multimiliardario suo sponsor e uno dei proprietari della Moody’s? Che concorrenza ci può essere quando le tre agenzie di rating americane controllano il novanta per cento del mercato su cui si fanno soldi? Possibile che la Comunità  Europea che crea strutture su strutture spesso inutili, non sia riuscita a darsi agenzie di rating indipendenti? Il problema è l’ideologia dominante. Essa assegna al mercato un ruolo salvifico nonostante sia evidente che, quello finanziario, è un mercato truccato. L’austerità  imposta ai popoli non è riuscita a invertire i processi recessivi, serve a garantire lauti guadagni agli speculatori e a garantire alla Germania investimenti a tasso zero. Quanto può durare una situazione in cui la democrazia sembra sospesa e tutto è deciso da entità  misteriose ai più? La tenuta sociale è ormai a limiti preoccupanti in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Italia. L’economia reale non dà  segni di ripresa perchè le “riforme” del governo Monti anche nei loro aspetti positivi, non riescono ad attivare la fiducia nelle forze produttive di cui rimane pur ricco il Paese. E’ intollerabile che il mondo del lavoro e della produzione sia considerato una lobby e il mondo delle banche e della finanza l’entità  da salvaguardare costi quel che costi e di là  dei concreti comportamenti dell’universo del credito. Il problema è politico. Gli informi agglomerati chiamati partiti, sembrano essere tutti in confusione permanente. Il povero Alfano dovrà  aspettare un altro giro. Ha ballato una sola estate, il Capo è tornato. Maroni cerca educatamente di ridare un senso al leghismo ma le macerie da rimuovere sono tante. Come tante sono le incertezze nel campo del centrosinistra. L’azione del governo Monti ha sparigliato le forze in campo. L’unico che sembra avere il vento in poppa è il movimento dei Grillini. Ciò incide nella tenuta di tutte le forze politiche tradizionali. E tutte sembrano alla ricerca di un punto di gravità  permanente. Confesso di non aver ancora capito quale idea di alleanza ha in testa il partito democratico. Dopo il fallimento dei governi Prodi è giustificata la cautela nella scelta degli alleati. Non aiutano certo le sparate dipietriste ma dannose sembrano essere anche le fughe in avanti dei montiani interni al partito di Bersani. Duole dirlo ma l’impressione che si ha è che il PD rimane lacerato dalle sue diverse sensibilità . Un partito che sta rischiando alla grande scegliendo di spostare ancora più al centro la sua posizione. Sarebbe ingeneroso non valutare l’oggettiva difficoltà  del principale partito del centrosinistra. Nella scelta di salvare il governo Monti Bersani e company, hanno dovuto accettare provvedimenti che penalizzano ceti cui il PD deve rispondere. La revisione della spesa pubblica sacrosanta in molti aspetti, è anche micidiale per la tenuta di quel minimo di Stato Sociale costruito in tanti anni di lotte democratiche. Si colpisce la sanità  nei suoi sprechi? Non solo. Non tutti i sistemi sanitari regionali sono fondati sullo spreco. Complessivamente l’incidenza della sanità  sul prodotto interno lordo è di circa il sette per cento, un punto in meno della media europea. Se qualcuno ha in mente la privatizzazione come panacea, sommessamente ricordo che la sanità  privata americana incide per il diciotto per cento sul PIL. Tagli lineari sono sbagliati colpiscono le eccellenze e possono favorire soltanto la sanità  privata che, come detto, costa molto di più di una buona sanità  pubblica. Anche in Umbria la responsabilità  di ciascuno deve essere quella di ricercare senza paraocchi o interessi particolari dove produrre risparmi e innovare la risposta ai bisogni dei cittadini. Le sacche di privilegio e di particolarismi possono e devono essere sconfitte.
Corriere dell’Umbria 15 luglio 2012

Oltre il proprio ombelico

Quante volte opinion maker, filosofi e santoni di varia ideologia hanno denunciato l’anomalia politica dell’Italia del dopoguerra e cioè la mancanza di una destra di governo? La speranza fu quella sollecitata dal berlusconismo, ma la rivoluzione liberale annunciata dall’uomo di Arcore si è rivelata una bufala di dimensioni storiche. La spesa pubblica è continuata ad aumentare, le tasse sono esplose, l’inefficienza dei governi di quella destra raffazzonata ha rasentato l’irresponsabilità . Oggi, finalmente, con il governo Monti siamo alla presenza di una destra di governo apprezzata da tutte le cancellerie occidentali. E’ un salto di qualità  innegabile che ci ha consentito di tornare a tifare per la nazionale di calcio. Che il governo sia presentato come composto di tecnici cambia di nulla l’essenza del problema. Anche i tecnici hanno la loro ideologia e quella della compagine al potere è essenzialmente un’ideologia non dissimile da quella che è riconducibile al pensiero unico dominante il mondo. Quello liberista. Il furore ideologico che guida ministri e sottosegretari nel voler ridimensionare l’intervento pubblico non deve farci sottovalutare le cose giuste che Monti vuol imporre al Paese. E’ innegabile, infatti, che la lotta agli sprechi sia sacrosanta per un Paese che è cresciuto attraverso la socializzazione delle perdite (con il debito pubblico) e la privatizzazione dei benefici. Il voler mettere mano alle inefficienze e all’ipertrofia istituzionale del Paese è cosa giusta nella misura in cui ciò non muta in modo rilevante la quantità  e la qualità  dei servizi che i cittadini si sono guadagnati attraverso il lavoro e il pagamento di tasse e di gabelle varie. Ad esempio, incidere con l’accetta sul sistema sanitario può portare a situazioni intollerabili per la parte più debole della società . Se poi si ha in mente il privilegiare la sanità  privata su quella pubblica, si sceglie una strada sbagliata. Essendo dei tecnici i nostri governanti sanno bene che in ogni graduatoria internazionale la sanità  privatizzata costa molto più che quella pubblica. Nell’ultima graduatoria elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità , i risultati sono i seguenti: primo posto alla Francia, secondo posto all’Italia. Ambedue sono sistemi pubblici. Gli Stati Uniti hanno un sistema sanitario privato. L’OMS colloca la sanità  americana al trentasettesimo posto. Il British Medical Journal invece mette gli USA alla settantatreesima posizione. Bene quindi la lotta allo spreco promessa da Monti, ma il diritto alla salute non è da mettere in discussione. L’Umbria è impegnata nella ristrutturazione della rete ospedaliera da venticinque anni e non dovrebbe avere problemi con i piccoli ospedali e i conti sembrano essere a posto. Problemi si pongono invece per ciò che riguarda la qualità  complessiva del sistema. Per molti anni in Umbria sono venuti a curarsi cittadini di altre regioni e il bilancio ne ha beneficiato. Eccellenze nelle varie specialità  e qualità  delle prestazioni ci garantivano poca emigrazione e molta immigrazione. Erano inoltre la garanzia di una qualità  apprezzata anche fuori regione. Non conosco gli ultimi dati ma credo che vi sia stata un’inversione netta di tendenza. Sarebbe utile cercarne i motivi. Come sembrerebbe arrivato il tempo di riconsiderare il costo dei manager pubblici sia per numero che per retribuzioni percepite. Il taglio lineare del dieci per cento, annunciato dal decreto governativo, non può che essere verificato, realtà  per realtà . Ciò che certamente non funziona più è il differenziale tra gli stipendi privati e quelli pubblici. Non conosco molti dirigenti d’imprese private umbre che raggiungono stipendi che superano i duecentocinquantamila euro l’anno, ma forse mi sbaglio. Comunque un ridimensionamento dei trattamenti riservati agli apicali sembrerebbe nelle cose in presenza di una crisi che sta producendo nuove povertà  e un disagio sociale che riguarda ormai fette sempre più consistenti di ceto medio. La revisione della spesa impone un’analisi rigorosa e coraggiosa di enti, società  pubbliche, strutture con funzioni generiche che potrebbero essere chiuse senza incidere in nulla nella qualità  della vita dei cittadini, liberando risorse significative oggi utilizzate male. La sfida che le classi dirigenti umbre hanno da affrontare è quella di utilizzare i vincoli che la crisi produce per un’operazione d’innovazione di sistema mettendo al lavoro le intelligenze di cui sono pur ricchi il settore pubblico e quello privato. E’ questo compito primario della politica, ma anche il mondo delle imprese e del lavoro hanno le loro di responsabilità . Difendere l’esistente non porterebbe da nessuna parte o meglio ci porterebbe al disastro. Le forze politiche dovrebbero cessare l’interesse per il proprio ombelico. Le energie della società  civile hanno l’incombenza di mettere in campo idee e proposte che, partendo dal loro particolare interesse, possano stimolare un disegno complessivo di cambio di stagione. In quella che stiamo vivendo, prevalgono il pessimismo e la sfiducia. A tutti è richiesta una seria presa di coscienza della gravità  della situazione ma anche una rinnovata disponibilità  a lavorare per l’interesse generale.
Corriere dell’Umbria 8 luglio 2012