Avidità 

L’Associazione dei Calciatori ha lanciato un appello ai suoi tesserati affinchè lunedì prossimo partecipino al BOT day, cioè aderiscano alla campagna per l’acquisto dei titoli di stato italiani. Anche da questo episodio si capisce quanto siamo messi male. Certo di fronte al rischio che il nostro Paese si avviti in una spirale terrificante per tutti, trasformare una parte della ricchezza privata in ricchezza pubblica, è una strada obbligata. Per questo molti economisti anche d’ideologia liberista e la stessa Confindustria, sostengono che una forma di patrimoniale debba essere prevista nell’azione del governo Monti. Se accanto al risanamento dei conti pubblici si vuol avviare un processo di crescita, bisogna trovare le risorse necessarie a rendere possibile una nuova fase di sviluppo. Senza un aumento rilevante del prodotto interno lordo sarà  impossibile pagare il debito pubblico. La cosa è banalmente evidente e non si capisce perchè il centrosinistra non ponga come questione irrinunciabile, nell’appoggio al nuovo governo, questa questione. Si teme la campagna della destra sulla “sinistra che sa solo mettere le tasse”? Ma è stato il governo di centrodestra che negli anni ha fatto aumentare la pressione fiscale in Italia senza che ciò facesse crescere di un nulla la base produttiva del Paese. E’ stato il mondo del lavoro e della produzione quello tartassato e impoverito a vantaggio delle rendite finanziare e/o immobiliari. Non è tempo che chi ha avuto più per così tanti anni paghi qualcosa per salvare il Paese dalla bancarotta? Che in Italia ci sia un problema di giustizia fiscale è cosa nota ed è evidente quanto sia stata mortale la politica dei condoni e degli scudi fiscali del ministro Tremonti. Per i milioni di Euro portati all’estero, gli evasori italiani hanno subito una tassazione del 5%, quelli tedeschi del 36% e quelli inglesi del 40%. Non è il caso di recuperare qualcosa di quelle ricchezze evase? Invece di discutere di queste cose nel PD un gruppo di “liberisti” ha chiesto le dimissioni del responsabile del settore economico perchè troppo a sinistra. Non si capisce il perchè. Fassina, è questo il nome dell’accusato, non ha che osservato che sono discutibili alcune delle posizioni espresse a Bruxelles e che le teorie di Marchionne non sono la Bibbia . Che strano partito il PD. Bersani ha avuto l’intelligenza di favorire la nascita del governo Monti, anche sapendo che le elezioni anticipate avrebbero visto il successo del centrosinistra, dimostrando così di aver ben chiaro come in nome dell’interesse nazionale si debba rinunciare a quello personale o di partito, e c’è chi nel PD, per vizio ideologico, vuole impedire al giovane Fassina di esprimere valutazioni diverse da quelle della destra liberista. Un partito dovrebbe avere in testa dei riferimenti sociali da difendere. La destra italiana l’ha fatto e lo sta facendo anche essendo fuori dal governo. Perchè i democratici non riescono a farlo con la stessa determinazione? Non è richiesta l’adesione alle manifestazioni degli indignati del mondo, ma per farsi carico delle ragioni dei lavoratori licenziati da Marchionne non è necessario diventare leninisti, basta essere riformisti seri.
Il premier Mario Monti ha ripetuto molte volte che i provvedimenti che il suo governo prenderà  si muoveranno nel rigore ma con equità  e con l’obiettivo di far crescere l’economia reale a vantaggio dell’occupazione. Non sarà  facile. Il suo è un governo atipico, il risultato di una fase tormentata della politica italiana. Dovrà  governare un Paese smarrito, annichilito da una politica incapace di dare risposta a una crisi che non riguarda soltanto l’economia.
Non esistono governi tecnici, esistono governi capaci di una buona politica e governi non in grado di governare. Ne abbiamo conosciuti. C’è una certezza ai giorni nostri: il ceto politico in campo si è dimostrato incapace di affrontare le sfide derivanti dalla crisi del sistema costruito dall’ideologia liberista. Inadeguata e pasticciona la destra. Incapace la sinistra riformista di andare al di là  del senso comune prodotto dal pensiero dominante. L’Europa è quasi interamente governata da governi di centrodestra. Il fallimento di questi governi è sotto gli occhi di tutti. Le politiche di liberalizzazioni e di ridimensionamento del welfare hanno prodotto soltanto nuove povertà . Intere generazioni si sono viste espropriate di ogni possibilità  di un lavoro dignitoso. Quanti sono i giovani disoccupati in Europa? Milioni. Quasi il 30% non hanno lavoro e, come ha ricordato il Governatore della Banca d’Italia, Visco, i salari d’ingresso dei giovani sono tornati a essere quelli di alcuni decenni fa. La ricchezza si è spostata da chi produce beni materiali a chi produce valori cartacei. Nella storia del mondo ci sono state altri fasi simili a questa che viviamo. Quando la finanza non è stata più al servizio della produzione ma si è soltanto autoalimentata, le società  sono entrate sempre in crisi. L’avidità  è stata sempre micidiale. Quando il denaro serve unicamente a produrre altro denaro, i meccanismi economici non funzionano più e la recessione diviene certa.
Già  i segni di questo processo si vedono anche in Umbria. Se siete un artigiano o un piccolo imprenditore provate a chiedere un mutuo a una qualsiasi banca. Se vi dicono sì, dovrete sostenere un onere per interessi che è quasi il doppio di quello dello scorso anno. Se siete creditori di qualsiasi ente pubblico vi sentirete rispondere che il patto di stabilità  impone il blocco di tutti i pagamenti. Se siete un giovane che ha un progetto innovativo magari utile a sburocratizzare la pubblica amministrazione, avrete come risposta una pacca sulle spalle e un impegno a futura memoria. Non è questione soltanto di buona volontà . Amministrare è oggi molto difficile. C’è bisogno di mettere in campo competenze e nuove intelligenze in uno sforzo collettivo per uscire dal pantano in cui siamo caduti per responsabilità  di molti. Forse, invece di sbranarsi nelle loro lotte intestine, i gruppi dirigenti dei partiti farebbero bene a cercare piattaforme intelligenti per invertire la tendenza al degrado della nostra comunità .

Titoli di coda

Il ventennio berlusconiano è ai titoli di coda? Molti lo sostengono. Si comincia ad analizzare le macerie di questa incredibile storia italiana; ci s’interroga sul futuro di un Paese smarrito, annichilito con la speranza che almeno adesso, dopo il disastro, il ceto politico faccia la sua parte. Al momento non è certo che il governo voluto dal Presidente della Repubblica nascerà . Capi di stato e di governo, la grande stampa italiana europea e americana, elogiano il Presidente Napolitano per la sua determinazione, ma quello che era il più grande partito italiano, il PDL, è nel pieno di una crisi che non sembra presagire niente di buono. E poi c’è la Lega che non ci sta. E’ noto l’antico amore di Bossi e Berlusconi, lasciarsi è un po’ morire. Insomma le cose si complicano per il neo senatore Monti candidato in pectore a capo del governo.
Lo stesso PD non potrebbe sostenere un governo tecnico se non all’interno di un’ampia coalizione. L’aver recuperato Di Pietro a una posizione comune al PD è positivo, ma non basta a Bersani. E’ noto: tutti i sondaggi assegnano all’alleanza di centrosinistra la maggioranza con qualsiasi legge elettorale, ma che Paese si troverebbe a governare Bersani? Sarebbero più trasparenti le elezioni anticipate, ma si dovrebbero svolgere con l’attuale legge elettorale contro la quale ci sarà  un referendum che, in caso di elezioni politiche, sarebbe spostato di un anno. La scelta di appoggiare un governo tecnico è in sostanza obbligatoria per il centrosinistra, ma anche per il centrodestra o per una sua parte.
Se il tentativo di un governo dell’emergenza non andrà  a buon fine, i responsabili del fallimento non potranno sperare in un radioso futuro elettorale. Tornare in Parlamento per molti sarebbe complicato anche se permanesse l’ignobile legge Calderoli. Coloro che hanno avuto l’assicurazione del Capo della nomina per un seggio alla Camera o al Senato sono, fatti i conti a palmi, circa duemila e cinquecento. Meglio cercare di tirare avanti le indennità  per un altro anno. E poi che sosterrebbero nei comizi elettorali i berluscones e i leghisti? Dovrebbero spiegare perchè il governo della destra è caduto. La favola della magistratura cattiva funzionerebbe? O forse denuncerebbero il complotto internazionale organizzato dai comunisti con i loro giornali (Economist, Time, New York Times, Figaro,ecc.ecc.) e le istituzioni finanziarie farcite di “rossi” (FMI, BEI, ecc…)? La realtà  è che il governo del fare è stato disastroso e gran parte dei suoi ministri incompetenti quanto boriosi.
La destra, ma anche il centrosinistra farebbero bene a cercare di capire che cosa è successo negli ultimi decenni. Ormai è evidente la crisi della democrazia per come l’abbiamo conosciuta. L’autonomia della politica rimane argomento per gli studiosi, ma non incide più nella realtà . Il turbo capitalismo, la finanza internazionale non hanno bisogno della democrazia: sono in grado di decidere autonomamente il governo di ogni Paese. Non è questione che riguarda solo l’Italia. Negli stessi Stati Uniti il destino dei presidenti è condizionato da ciò che succede a Wall Street. Non è paradossale che l’occidente democratico, il mondo intero, sia nelle mani di istituzioni private (Made in Usa) come le agenzie di rating? Il paradosso è che sono le stesse istituzioni che hanno favorito, con le loro valutazioni, la crisi finanziaria esplosa nel 2008 e che si trascina fino ai nostri giorni. Eppure non c’è nessun governo che ne metta in discussione il ruolo se non con qualche balbettio. Non è allucinante che trent’anni d’ideologia liberista non siano ritenuti sufficienti per far capire alle classi dirigenti che quella, come tutte le ideologie, non funziona se non per ristrette elite? Le decisioni “liberiste” di Bruxelles hanno portato la Grecia al collasso e ad una crisi sociale che appare incontrollabile. Che si vuol fare in Italia? In diverse circostanze il senatore Monti ha ricordato che senza crescita anche gli interventi sul debito pubblico non porteranno a nessun risultato. Bene. Che cosa bisogna fare per tornare a crescere? Dove trovare le risorse per quegli investimenti senza i quali la crescita non è data? Spostare il peso fiscale dal mondo della produzione a quello delle rendite e dei grandi patrimoni è la strada maestra assieme alla semplificazione degli apparati burocratici e politici. Non sarà  facile, ma è l’unica strada. E poi ci sono risorse straordinarie che sono state penalizzate per anni. Quelle del mondo del lavoro, delle masse giovanili e della conoscenza. Ridare dignità  a chi vive del proprio lavoro, dare speranze ai giovani dovrebbe essere tra le priorità  del governo che verrà .
Se il sultanato del Cavaliere di Arcore sta giungendo alla fine non finirà  rapidamente ciò che questi anni hanno prodotto nel senso comune e nei comportamenti del popolo e delle classi dirigenti di ogni colore e latitudine. La stagione di sacrifici che si prospetta richiede alla politica di riappropriarsi del significato più alto. Molto dipenderà  da ciò che si deciderà  in queste ore nei Palazzi romani. Decisivo sarà  se tutti i protagonisti riusciranno, almeno in questa circostanza, a guardare all’interesse generale e non al proprio. Il PD pur diviso al proprio interno l’ha fatto nell’accettare un governo di transizione. Di Pietro ha capito in tempo il rischio per il futuro del centrosinistra se manteneva la prima posizione espressa su Monti. Vendola ha cercato di mettere “paletti” di contenuto per il nuovo governo, ma non si è dissociato dal PD. Il centro di Casini incassa bene per il lavoro di questi mesi. Spetta alla destra fare le scelte nell’interesse del Paese. Se prevarrà  chi preferisce sparare “l’ultima raffica di Salò”, saranno problemi per tutti, ma per la destra si aprirà  una fase di nuova marginalizzazione.

Cattiva stampa

Il problema dell’Italia è la mancanza di credibilità . Un’affermazione questa che abbiamo letto per mesi in gran parte dei giornali di qualsiasi orientamento politico e di ogni latitudine. Impressiona che lo stesso giudizio sia stato espresso dalla responsabile del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, al vertice dei “grandi” di Cannes.
E’ un giudizio non corretto, esagerato? Non sembrerebbe. Napolitano ha sostenuto: “Parliamoci chiaro, nei confronti dell’Italia è insorta in Europa, e non solo, una grave crisi di fiducia”.
Bisogna prendere atto che l’Italia è stata commissariata non solo dalla Comunità  Europea, ma anche dal fondo monetario. Ispettori dei due organismi arriveranno a Roma a controllare l’azione del miglior governo avuto nella storia repubblicana.
Non si fidano di noi, perchè? Il nostro è stato uno dei Paesi fondatori dell’Europa Comunitaria, siamo la terza economia del continente e la settima o ottava al mondo. E cosa decisiva, la capacità  di lavoro e la creatività  dell’italiano medio sono da molto tempo noti nel mondo. Non siamo soltanto produttori dell’eleganza del Made in Italy, ma anche di cultura e di cervelli richiesti nelle università  e nelle imprese economiche di ogni tipo e di ogni luogo. Eppure siamo ritenuti inaffidabili dalla grande stampa internazionale e dalle leadership europee e americane. Tutto è dovuto alla malvagità  dei comunisti o c’è qualche cosa d’altro? Questa cattiva stampa sta provocando un assalto del mercato finanziario che rischia di far tracollare il nostro Paese. Perchè? La risposta non è complicata. La crisi causata dalla finanziarizzazione dell’economia richiede una forte capacità  di governo a ogni livello per far recuperare alla politica un ruolo che le è stato sottratto dall’avido mondo della finanza. E se è evidente la debolezza di tutte le classi dirigenti in Europa e in America, l’Italia è nelle mani di governanti incapaci di riconoscere la stessa gravità  della crisi. La negano.
Soltanto venerdì Berlusconi ha dichiarato: “Mi sembra che in Italia non si avverta una forte crisi. La vita in Italia è la vita di un paese benestante. I consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni, per gli aerei si riesce a fatica a prenotare un posto”.
Il nostro Capo vive in un mondo a parte. Indifferente alle statistiche dell’Istat o ai rapporti del Censis, nega semplicemente l’esistenza di un problema sociale e di una crisi che monta ogni giorno di più. C’è stata una categoria di cittadini che negli ultimi due anni non ha occupato piazze e strade per denunciare un disagio economico, una sofferenza per la precarietà  del momento? No. Le pizzerie saranno anche piene, ma l’Italia è un Paese che ha il 30% di disoccupazione giovanile e oltre il 50% di donne sono in cerca di lavoro mentre tutti i servizi al cittadino sono taglieggiati dalle politiche nazionali e locali. L’imprenditoria, di ogni dimensione, è massacrata dalla mancanza di ogni stimolo alla crescita e, con una domanda pubblica inesistente, non riesce a chiudere i bilanci, ma per i Ministri berlusconiani tutto è sotto controllo. I Ministri del governo del fare? Spettacolari.
C’è qualcuno che conosce un singolo atto ministeriale, di un qualche significato, compiuto dal Ministro alle Riforme, Umberto Bossi? Il capo leghista è attivissimo nelle vallate padane, gira in un’imponente auto blu ma non ha avuto tempo, in tre anni, di mettere in campo una sola di quelle riforme che servirebbero a risparmiare risorse e innovare una pubblica amministrazione che non funziona, non perchè ci sono i fannulloni, ma perchè non è governata adeguatamente.
Di una buona politica ci sarebbe bisogno per contrastare il disastro in atto. Purtroppo la buona politica rimane una merce rara. E la responsabilità  non è soltanto dei berluscones.
Il PD è stato per molti una speranza di rinnovamento della politica. A pochi anni dalla sua fondazione è complicato affermare che le speranze abbiano trovato soddisfazione. Un partito è innanzi tutto una comunità  di donne e uomini che hanno un progetto di gestione delle contraddizioni di una società  avendo come orizzonte l’interesse generale. La stagione dei partiti “personali” è stata catastrofica per la democrazia. O No? Il PD doveva essere qualcosa di diverso ma nella sua breve storia non lo è stato. Ciò che appare evidente ancora oggi è l’incapacità  di questo partito a darsi un gruppo dirigente coeso e con un progetto unitario. Le sensibilità , le “anime”, sostengono in molti, sono un valore aggiunto. Ciò è però vero soltanto quando esse riescono a trovare una piattaforma capace di aggregare forze e non quando la questione predominante è quella della leadership. L’impressione che si ha, è quella di un coacervo di leader e di aspiranti leader che guardano con insistenza soltanto al proprio ombelico.
Anche la giusta esigenza di un ricambio delle classi dirigenti dovrebbe essere gestita con una dose di rispetto del lavoro degli altri e magari anche con una certa prudenza nell’affermare che il nuovo possa essere soltanto un fatto anagrafico. Certo che il gioco dell’oca nel centrosinistra è giocato, da una ventina d’anni, dagli stessi protagonisti. Sarebbe tempo che chi è stato interprete di sconfitte ripetute avesse l’intelligenza di mettersi a scrivere le proprie memorie. Coloro che sono scesi in campo nel passato recente farebbero però bene a ripassare la storia politica del Paese. Studiare farebbe bene anche a loro.
Eviterebbero di incorrere in dichiarazioni incaute.
L’iper sponsorizzato Matteo Renzi ha, ad esempio, dichiarato nella sua performance fiorentina, che sono stati i nonni della politica a produrre l’enorme debito pubblico del Paese. Il sindaco ha ragione. Si è però dimenticato di precisare di quali nonni si tratta. Sommessamente Le ricordo, Signor sindaco, che si tratta di “nonni” dei governi del pentapartito guidati da Craxi, da Andreotti e da altri democristiani. Nonni suoi, insomma.

Ribellarsi è giusto

Carta che vince, carta che perde, gridava l’imbonitore di turno nelle fiere di un tempo. Oltre alle novità della tecnologia di allora nei mercati c’era sempre un tavolo per fare il gioco delle tre carte. L’impressione è che la famosa lettera di Berlusconi a Bruxelles sia sostanzialmente espressione del gioco di cui sopra. La cosa grave è che la burocrazia europea non poteva che giocare anch’essa e valutare positivamente quanto il governo italiano proponeva per affrontare la crisi finanziaria dell’Europa. Respingerla avrebbe significato l’aggravamento del marasma italiano che, ormai è evidente, costituisce una delle cause della crisi europea e mondiale. Nell’home page del New York Times di ieri è riportata una dichiarazione di James B. Stewart (premio Pulitzer), questa: “Questa settimana mi è apparso definitivamente chiaro che l’ammontare del mio assegno pensionistico può dipendere da Silvio Berlusconi”. Il giornalista economico vuol dire che se l’Italia dei berluscones affosserà l’Euro, anche per il resto del mondo le cose si aggraverebbero. Meglio non riportare i commenti dei lettori americani all’articolo di Stewart. Il Made in Italy in politica sembra non essere molto apprezzato negli Stati Uniti.
Dopo l’accordo dei governi europei sembrava che la svolta positiva si fosse prodotta. Invece è durata solo un giorno l’euforia delle borse. Chiudiamo la settimana con un altro venerdì nero: i titoli bancari e industriali vanno sotto e i BTP decennali italiani sono venduti assicurando interessi che superano il 6%. Ciò comporta un secco aggravamento del debito pubblico e conferma la scarsa fiducia dei mercati nella capacità del nostro Paese di affrontare la crisi. Si tratta soltanto di speculazione o vi sono dati oggettivi che dimostrano l’incapacità delle classi dirigenti italiane ad affrontare i problemi posti dal disastro provocato dal neoliberismo? Come sono ridotti i luoghi in cui devono essere prese le decisioni? Il governo Berlusconi-Bossi-Scilipoti è in grado di portare avanti i provvedimenti necessari a soddisfare i vincoli posti dalla Comunità? Non ci crede nessuno né in Italia né in Europa. Angela Merkel si affida a Napolitano, ma il Presidente non ha poteri di governo e non può che sollecitare il Capo a fare meno disastri possibili. Il Parlamento? Mentre in Germania, mercoledì, il parlamento discuteva e dava mandato alla Merkel su cosa doveva dire e fare a Bruxelles al summit dei leader di Governo, in Italia il Parlamento vedeva la rissa dei leghisti contro il Presidente della Camera. Berlusconi andava a Bruxelles in attesa che Letta completasse la lettera d’impegno da presentare alla Comunità il cui contenuto era completamente ignorato dal Parlamento.
In questa legislatura sono soltanto quarantadue le leggi d’iniziativa parlamentare approvate. L’impegno prevalente dei “nominati” è stata quello di partecipare ai voti di fiducia o nella discussione di mozioni o atti d’indirizzo. Sostanzialmente nelle 535 sedute l’assemblea legislativa è apparsa come un litigioso Dopolavoro e, troppo spesso, un Bar dello Sport di provincia. Il Parlamento non ha svolto il ruolo che la Costituzione gli assegna: quello di organo di legislazione e controllo dell’attività di governo. E’ stato invece commissariato dal governo stesso. Con un Parlamento così ridotto è la qualità della democrazia che s’impoverisce. Non sono solo i privilegi dei “nominati” a scandalizzare. Ciò che diviene sempre più insopportabile e l’inefficacia del lavoro delle assemblee legislative. In un momento di profonda preoccupazione di gran parte del popolo ci sarebbe bisogno di una democrazia capace di ascoltare e di decidere nell’interesse generale e non piegata per difendere l’interesse di pochi. Una preoccupazione più che legittima considerando che, nelle intenzioni del governo, non c’è alcun progetto che affronti il problema della crescita e nessuna idea su come assicurare un futuro agli ormai milioni di giovani senza lavoro o in occupazione precaria. Non si capisce secondo quale teoria un Paese che ha il maggior numero di contratti atipici e con ridotte possibilità di lavoro a tempo indeterminato, lo sviluppo sarebbe assicurato se si rendono ancor più facili i licenziamenti. Ormai sono trenta anni che prevale l’ideologia liberista per cui il “mercato” libero da vincoli risolve da solo i problemi dell’economia. Questa ideologia ha portato al disastro economico e sociale che stiamo vivendo eppure le classi dirigenti non vogliono modificare la loro dottrina. Lo dicono grandi economisti, lo sostengono ormai anche tutte le forze sociali: senza crescita della domanda non si evita la recessione. Come aumentare la domanda se i salari e gli stipendi sono tra i più bassi d’Europa? E in mancanza d’investimenti pubblici dove troveranno lavoro le imprese piccole e grandi? Dove trovare le risorse per una politica antirecessione? In questi anni la ricchezza nazionale è stata suddivisa, non solo in Italia, a vantaggio di una parte sempre più ridotta di cittadini. Forse è venuto il tempo di produrre una svolta che faccia pagare la crisi anche a coloro che si sono arricchiti di là del legittimo. Nella missiva di Berlusconi non c’è una riga che riguardi questa esigenza. Si capisce perché. Con la scusa dell’ideologia liberista, il Capo vuole evitare di essere chiamato anche Lui a pagare qualche cosa nell’interesse del Paese. Banale, non vuole che si mettano le mani nelle sue tasche. Così si continuerà a far pagare ai soliti. La pressione fiscale italiana ha raggiunto le massime vette europee, i servizi al cittadino si vanno abbassando a livelli insopportabili, la ricchezza come l’evasione fiscale rimarranno intoccabili anche in futuro. Se indignarsi è obbligatorio, ribellarsi diviene sempre più giusto. Democraticamente s’intende.

Ribellarsi è giusto

Carta che vince, carta che perde, gridava l’imbonitore di turno nelle fiere di un tempo. Oltre alle novità  della tecnologia di allora nei mercati c’era sempre un tavolo per fare il gioco delle tre carte. L’impressione è che la famosa lettera di Berlusconi a Bruxelles sia sostanzialmente espressione del gioco di cui sopra. La cosa grave è che la burocrazia europea non poteva che giocare anch’essa e valutare positivamente quanto il governo italiano proponeva per affrontare la crisi finanziaria dell’Europa. Respingerla avrebbe significato l’aggravamento del marasma italiano che, ormai è evidente, costituisce una delle cause della crisi europea e mondiale. Nell’home page del New York Times di ieri è riportata una dichiarazione di James B. Stewart (premio Pulitzer), questa: “Questa settimana mi è apparso definitivamente chiaro che l’ammontare del mio assegno pensionistico può dipendere da Silvio Berlusconi”. Il giornalista economico vuol dire che se l’Italia dei berluscones affosserà  l’Euro, anche per il resto del mondo le cose si aggraverebbero. Meglio non riportare i commenti dei lettori americani all’articolo di Stewart. Il Made in Italy in politica sembra non essere molto apprezzato negli Stati Uniti.
Dopo l’accordo dei governi europei sembrava che la svolta positiva si fosse prodotta. Invece è durata solo un giorno l’euforia delle borse. Chiudiamo la settimana con un altro venerdì nero: i titoli bancari e industriali vanno sotto e i BTP decennali italiani sono venduti assicurando interessi che superano il 6%. Ciò comporta un secco aggravamento del debito pubblico e conferma la scarsa fiducia dei mercati nella capacità  del nostro Paese di affrontare la crisi. Si tratta soltanto di speculazione o vi sono dati oggettivi che dimostrano l’incapacità  delle classi dirigenti italiane ad affrontare i problemi posti dal disastro provocato dal neoliberismo? Come sono ridotti i luoghi in cui devono essere prese le decisioni? Il governo Berlusconi-Bossi-Scilipoti è in grado di portare avanti i provvedimenti necessari a soddisfare i vincoli posti dalla Comunità ? Non ci crede nessuno nè in Italia nè in Europa. Angela Merkel si affida a Napolitano, ma il Presidente non ha poteri di governo e non può che sollecitare il Capo a fare meno disastri possibili. Il Parlamento? Mentre in Germania, mercoledì, il parlamento discuteva e dava mandato alla Merkel su cosa doveva dire e fare a Bruxelles al summit dei leader di Governo, in Italia il Parlamento vedeva la rissa dei leghisti contro il Presidente della Camera. Berlusconi andava a Bruxelles in attesa che Letta completasse la lettera d’impegno da presentare alla Comunità  il cui contenuto era completamente ignorato dal Parlamento.
In questa legislatura sono soltanto quarantadue le leggi d’iniziativa parlamentare approvate. L’impegno prevalente dei “nominati” è stata quello di partecipare ai voti di fiducia o nella discussione di mozioni o atti d’indirizzo. Sostanzialmente nelle 535 sedute l’assemblea legislativa è apparsa come un litigioso Dopolavoro e, troppo spesso, un Bar dello Sport di provincia. Il Parlamento non ha svolto il ruolo che la Costituzione gli assegna: quello di organo di legislazione e controllo dell’attività  di governo. E’ stato invece commissariato dal governo stesso. Con un Parlamento così ridotto è la qualità  della democrazia che s’impoverisce. Non sono solo i privilegi dei “nominati” a scandalizzare. Ciò che diviene sempre più insopportabile e l’inefficacia del lavoro delle assemblee legislative. In un momento di profonda preoccupazione di gran parte del popolo ci sarebbe bisogno di una democrazia capace di ascoltare e di decidere nell’interesse generale e non piegata per difendere l’interesse di pochi. Una preoccupazione più che legittima considerando che, nelle intenzioni del governo, non c’è alcun progetto che affronti il problema della crescita e nessuna idea su come assicurare un futuro agli ormai milioni di giovani senza lavoro o in occupazione precaria. Non si capisce secondo quale teoria un Paese che ha il maggior numero di contratti atipici e con ridotte possibilità  di lavoro a tempo indeterminato, lo sviluppo sarebbe assicurato se si rendono ancor più facili i licenziamenti. Ormai sono trenta anni che prevale l’ideologia liberista per cui il “mercato” libero da vincoli risolve da solo i problemi dell’economia. Questa ideologia ha portato al disastro economico e sociale che stiamo vivendo eppure le classi dirigenti non vogliono modificare la loro dottrina. Lo dicono grandi economisti, lo sostengono ormai anche tutte le forze sociali: senza crescita della domanda non si evita la recessione. Come aumentare la domanda se i salari e gli stipendi sono tra i più bassi d’Europa? E in mancanza d’investimenti pubblici dove troveranno lavoro le imprese piccole e grandi? Dove trovare le risorse per una politica antirecessione? In questi anni la ricchezza nazionale è stata suddivisa, non solo in Italia, a vantaggio di una parte sempre più ridotta di cittadini. Forse è venuto il tempo di produrre una svolta che faccia pagare la crisi anche a coloro che si sono arricchiti di là  del legittimo. Nella missiva di Berlusconi non c’è una riga che riguardi questa esigenza. Si capisce perchè. Con la scusa dell’ideologia liberista, il Capo vuole evitare di essere chiamato anche Lui a pagare qualche cosa nell’interesse del Paese. Banale, non vuole che si mettano le mani nelle sue tasche. Così si continuerà  a far pagare ai soliti. La pressione fiscale italiana ha raggiunto le massime vette europee, i servizi al cittadino si vanno abbassando a livelli insopportabili, la ricchezza come l’evasione fiscale rimarranno intoccabili anche in futuro. Se indignarsi è obbligatorio, ribellarsi diviene sempre più giusto. Democraticamente s’intende.