Panchinari

E’ accertato che una parte consistente del popolo italiano non ha un grande rapporto con tutto ciò che è pubblico. La crisi della politica  degli ultimi lustri rappresenta il cemento di un rifiuto di massa di tutto ciò che costituisce in altri Paesi senso di appartenenza senza il quale non si è comunità , non si è nazione. Piuttosto prevale un agglomerato d’interessi personali, famigliari e di lobby che guardano con disprezzo all’interesse generale.
La storia del Paese ha certo influenzato questa caratteristica del nostro popolo, ma forse in questa fase è decisiva la qualità  delle classi dirigenti. Le priorità  che esse impongono nell’agenda politica dell’Italia contrastano con la sensibilità  e le urgenze del vivere quotidiano. La storia ci racconta anche momenti in cui l’intelligenza e la creatività  del popolo è stata utilizzata dai leader del tempo per la costruzione di progetti collettivi che hanno trasformato l’Italia. Tutti gli anni della ricostruzione post-bellica pur segnati dalla guerra fredda e da una durissima lotta politica furono gli anni del grande balzo economico e sociale dell’Italia. Il mondo della politica, il mondo delle imprese e le forze sociali organizzate provocarono quello che nel mondo fu chiamato il miracolo italiano.
Le classi dirigenti cambiano, si rinnovano ma non sempre il rinnovamento produce leader adeguati. Arduo paragonare il ministro Rotondi ad Amintore Fanfani o il sindaco Chiamparino a Giorgio Amendola. Di imprenditori alla Adriano Olivetti, se ne è persa traccia da anni. L’Italia è oggi il Paese d’Europa che ha il ceto dirigente più pagato e contemporaneamente i salari più bassi. Non sempre l’ammontare degli emolumenti premia la qualità . Uno sguardo ai membri del Parlamento è sufficiente a confermare.
Una società  per essere ben governata ha bisogno di una classe dirigente riconosciuta e apprezzata. Oggi, lo scollamento tra chi dirige e chi è amministrato è un dato di fatto che riguarda i partiti, gran parte della struttura pubblica, ma anche l’universo dell’economia e delle imprese.
La vita democratica si è molto impoverita e i luoghi della democrazia organizzata sono ormai visti dal popolo come luoghi di privilegio dove spesso si compiono scelte contro l’interesse generale e a vantaggio di questo o quell’interesse personale o di lobby. Prendiamo ad esempio la legge di stabilità  appena approvata della Camera. Tra i mille tagli previsti c’è ne è uno che indigna.
Chi paga le tasse in Italia ha la possibilità  di devolverne una parte a organizzazioni private che appartengono alla galassia del volontariato. La legge prevede per l’anno 2010  la destinazione in base alla scelta del contribuente di una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a finalità  di sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità  sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle fondazioni e associazioni riconosciute; finanziamento della ricerca scientifica e delle università ; finanziamento della ricerca sanitaria; attività  sociali svolte dal comune di residenza del contribuente; sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni.
Lo stanziamento previsto era di 400 milioni di Euro. Per l’anno che verrà  lo stanziamento è stato ridotto a 100 milioni di Euro, cioè tagliato del 75%. Migliaia di volontari operano in Italia e nel mondo del sottosviluppo con progetti diversi che affrontano le diverse emergenze che l’ideologia liberista produce. ONLUS di grande prestigio e rilievo o piccole associazioni di volontariatonon potranno più operare nonostante che molti contribuenti abbiano scelto di sostenerle con proprie risorse. In compenso nei prossimi cinque anni l’Italia spenderà  13 miliardi per rinnovare il proprio arsenale militare. Avremo i caccia bombardieri più moderni al mondo alla faccia di Emergency, dell’Unicef o di Medicin sans frontier e anche di quella del contribuente italiano. (altro…)

Le classi dirigenti

Berlusconi ha fatto benissimo a lasciare in anticipo il vertice del G 20 di Seul. Il cavaliere ha ben altro a che pensare. Così dopo la ridicola passerella delle foto di gruppo dove tutti i capi sorridono, Berlusconi ha preferito tornare a Roma. Non si capisce la ragione dei sorrisi a 32 denti di Obama o Sarkozy, c’è poco da ridere. Ancora una volta coloro che pomposamente si definiscono i grandi della terra, si sono incontrati e non sono riusciti a mettersi d’accordo nemmeno sul menu dei loro pranzi di lavoro. Inutili come i frigoriferi al polo nord, questi vertici dei leader mondiali servono soltanto a certificare l’impossibilità  di una linea condivisa di uscita dalla crisi che sconquassa il mondo globalizzato. Ognuno andrà  per la sua strada cercando di scaricare sull’altro i problemi. Gli americani continueranno a stampare dollari come se fosse carta straccia, i cinesi a mantenere basso il valore della propria moneta, gli europei ad arrabattarsi con i loro debiti pubblici. Si dirà , meglio un altro summit inutile che una guerra, ed è vero. Rimane il fatto che la disoccupazione in occidente continua a crescere e generazioni di donne e di uomini continueranno a vivere nella precarietà  mentre la speculazione finanziaria si appresta ad agire sulle situazioni più a rischio. Rientra in questa tipologia l’Italia? Il nostro è un Paese che si caratterizza per un ingente debito pubblico e un’enorme ricchezza privata. Certo questa ricchezza è distribuita malissimo e se si guarda alle dichiarazioni dei redditi del 2009 sembrerebbe il contrario. Soltanto l’uno per cento dei contribuenti dichiara un reddito annuo superiore ai 100 mila Euro, ma sappiamo che oltre ad altri record prestigiosi, abbiamo il primato nell’evasione fiscale. Leader mondiale, come la Ferrari. E’ la ricchezza esentasse che ha consentito fino ad oggi un contenimento del disagio sociale. Ma per quanto sarà  possibile che le famiglie sopportino il peso della disoccupazione e della precarietà  giovanile o per altri versi sostituiscono i servizi pubblici al cittadino sempre più ridimensionati? Per quanto è sopportabile un’evasione fiscale di tali dimensioni? (altro…)

Rottamatori e porcate

In questo fine settimana il partito democratico ha due appuntamenti di livello nazionale. Il primo è convocato dal segretario Bersani e riguarda i segretari dei circoli del PD. L’altro si svolgerà  a Firenze ed avrà  come protagonisti gli under 40 dello stesso partito.
Leader del movimento è il sindaco di Firenze Renzi, il rottamatore ha da tempo sollecitato il ricambio della classe dirigente del partito. Renzi ritiene urgente la questione della messa a riposo di leader che sono in campo da così tanti anni da costituire un impiccio al dispiegarsi delle potenzialità  del partito democratico nato con l’ambizione di costituire l’alternativa unica al centrodestra. Non si tratta soltanto del meccanismo levati tu che mi ci metto io, il problema è reale e va affrontato con rigore e coraggio, magari evitando slogan irrispettosi. Come farlo?
I concorsi per “volti nuovi per il cinema” possono a volte farti scoprire un Alberto Sordi o una Silvana Mangano. Nei tempi che viviamo il rischio è quello di trovarsi di fronte a qualche velina o velino che magari buca lo schermo, ma che certo non assicura un radioso futuro al movimento. Di esempi ne son piene le cronache. Che il rinnovamento dei gruppi dirigenti, di tutti i partiti, sia un problema reale è fuori discussione. Si è interrotto da decenni un circuito che, con limiti e insufficienze, assicurava un intreccio di responsabilità  tra le diverse generazioni di un partito. Sono ormai moltissimi anni che la gestione della politica è svolta da una sola generazione, quella che era in campo alla caduta del muro di Berlino. Una generazione che con cinismo e arroganza ha emarginato le generazioni più anziane e impedito l’emergere di nuove energie. Indifferente alle numerose sconfitte, incapace di analizzare gli errori gravi compiuti, rimane in campo e con tracotanza continua a progettare la propria interminabile carriera politica. Nella costruzione dei gruppi dirigenti prevalgono il salotto buono o la fedeltà  al leader di turno. Piuttosto che la qualità  del lavoro politico che si può produrre, ciò che è richiesto al giovane che vuole impegnarsi in politica, è lo schierarsi a favore di questo o quel leader.  L’aver favorito con le sciocche tesi del partito leggero la personalizzazione della politica, è una responsabilità  che nessuno sembra voler assumere. Il risultato è stato la produzione di un ceto politico che non riesce a costruire un gruppo dirigente credibile e una linea politica adeguata alla realtà . L’esplodere dei feudi, dei signorotti e dei vassalli non è dovuta alla cattiva volontà  dei singoli, ma ai meccanismi di funzionamento di partiti che non sanno darsi regole e vincoli trasparenti. (altro…)