Nonostante tutto

Quando un capo di governo chiama il suo popolo in piazza rende evidente lo stato comatoso della democrazia rappresentativa. Una maggioranza parlamentare schiacciante non sembra sufficiente al berlusconismo per realizzare il suo programma. La destra populista ha bisogno della chiamata alle armi, alla guerra santa contro il comunismo. Si può parlare di crisi di regime? Sarebbe sbagliato non farlo. Sostenere che la democrazia italiana è salda e vigorosa è una mistificazione anche quando nasce da buone intenzioni.
La classe dirigente del Paese non sembra in grado di fermare la deriva politica e sociale dell’Italia che, giorno dopo giorno, si aggrava ed emargina masse sempre più consistenti di popolo, imbarbarendo ogni convivenza civile. Indifferenti a scandali e ruberie gli uomini e le donne del PDL rivendicano con ferocia un’impunità  a prescindere da leggi e morale pubblica. Le forze sociali, con l’eccezione della CGIL, assistono allo scontro politico con una sorta di indifferenza. Chiuse ognuno nel loro particolare non sembrano in grado di affrontare una crisi economica che sta producendo nuove povertà  e nuova emarginazione.
Le forze di opposizione non riescono ad organizzare una piattaforma di resistenza nè in parlamento nè nel Paese. Le molte iniziative di contrasto alla deriva voluta dalla destra si svolgono salvaguardando l’autonomia dei movimenti, ma risultano frantumate e prive di quel collante unitario senza il quale l’apatia tende a prevalere rispetto alla voglia di lottare e le stesse manifestazioni di massa rimangono fatti isolati, non ancora influenti rispetto all’agire politico.
Si è svolta una campagna elettore come in un perpetuo happy hours a base di tartine, porchette birra e vino spesso scadente. Anche quando i programmi elettorali contengono cose interessanti (ad esempio la riscoperta nel centrosinistra dei “beni comuni”) la partecipazione al dibattito politico è risultata marginale rispetto alla lotta per acquisire la preferenza personale. Sommersi da manifesti, santini e depliant gli elettori non possono che essere confusi e disorientati. Anche noi lo siamo. Ripetutamente abbiamo espresso la nostra radicale contrarietà  rispetto alla legge elettorale votata in Umbria a gennaio. Pur convinti regionalisti siamo giunti, non da oggi, alla conclusione che l’autonomia regionale non possa contenere anche la scelta del sistema elettorale da adottare. Non esiste al mondo una situazione come quella italiana. I sistemi elettorali in vigore sono così numerosi e diversificati da rendere la libera scelta dell’elettore difficile come vincere all’enalotto. Senza alcuna ragione, se non la stupidità  istituzionalizzata di questi anni, si sono votati sistemi di elezione delle assemblee che contrastano con il principio ogni testa un voto e con l’esigenza della rappresentatività . L’ideologia della governabilità , di craxiana memoria, ha creato dei mostruosi meccanismi elettorali che escludono fette sempre più consistenti dell’elettorato e annullato le competenze delle assemblee elettive. La strada del presidenzialismo e del populismo non è stata costruita da Berlusconi. Lui la sta percorrendo fino in fondo cercando l’incoronazione a Re d’Italia, ma gli scienziati che l’hanno progettata sono quasi tutti riconducibili ai riformisti nostrani. (altro…)

Eletti

Ancora dobbiamo smaltire la mazzata d’immagine presa dal PD umbro nella corsa alla candidatura presidenziale vinta da Catiuscia Marini su Giampiero Bocci. Dopo mesi e mesi di contrasti violenti nel gruppo dirigente del maggior partito del centrosinistra pensavamo che, svolte le primarie, si cominciasse a pensare a come vincere le elezioni. Non sta andando così. Nuovamente abbiamo dovuto registrare violente divisioni, per la formazione delle liste, nella coalizione di centrosinistra. Non si tratta di divisioni politiche e su come rispondere alla crisi economico-sociale dell’Umbria. Il terreno di lotta è incentrato sul come salvaguardare carriere amministrative da protrarre anche per decenni, senza misura. Senza alcun comprensibile criterio di valutazione delle candidature, chi far entrare nel gioco dell’oca di questi decenni? Difficile far tornare i conti, la ressa è grande, tanti intendono sacrificarsi in consiglio regionale. Scegliere è difficile. Così nuove lacerazioni, nuove divisioni, nuove dimissioni di pezzi del gruppo dirigente del PD. Domande. (altro…)