Un vecchio maestro

Umberto Bossi ha avuto un grande maestro: Bettino Craxi. E’ da Lui che Bossi ha appreso l’arte di come condizionare un governo pur rappresentando meno del 10% del corpo elettorale.
Bettino Craxi, segretario del PSI, per buona parte degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80, segnò la qualità  dei governi guidati dalla DC, per un breve periodo da Spadolini e poi dal segretario socialista. Come è noto quei governi venivano chiamati di pentapartito e il “corsaro” Craxi aveva il nome di Ghino di Tacco. Non sappiamo se lo sarà  anche per altri motivi, certo è che quella alleanza entrerà  nella storia repubblicana come madre dell’esplosione del debito pubblico italiano. Primato mondiale conquistato a partire da quegli anni. C’è chi sostiene che il degrado del Paese iniziò in quella fase politica e che Tangentopoli rappresentò lo sbilenco tentativo di bloccare una classe dirigente corrotta ed incapace.
Al di là  di tutto, certo fu che Bettino Craxi esercitò un potere di interdizione al di là  della sua propria forza elettorale. Esattamente il ruolo che sta svolgendo la Lega in questa fase.
Bisogna saper cogliere le differenze. La storia si ripete, ma non allo stesso modo. La differenza tra Bossi e Craxi sta forse nel fatto che il leader socialista riusciva nella sua azione a condizionare un grande partito di massa come era, nonostante tutto, la Democrazia Cristiana. Umberto Bossi si trova a contraddire un accrocchio di partito, il Partito della Libertà  composto da dipendenti e nominati per diversi meriti soltanto da Berlusconi. Il PDL infatti non ha bisogno di svolgere congressi: ha un solo padrone e molte rumorose comparse. E’ sufficiente una cenetta ad Arcore e i dipendenti di Berlusconi si mettono subito in ossequioso omaggio ai desideri della Lega bossiana. Altra differenza di sostanza è rappresentata dal fatto che il suo progetto, quello di Craxi, si scontrava con una forza di sinistra, il PCI, che rappresentava una parte sostanziale del mondo del lavoro e poteva contare su una stratificata presenza in tutta la società  italiana. Dal punto di vista elettorale una forza di una volta e mezzo superiore al PSI craxiano. Umberto Bossi ha di fronte una sinistra allo sbando. Gli spezzoni a matrice comunista rimangono uno spezzatino indigeribile, il Partito Democratico nessuno sa cosa esso sia. La ricerca ad una identità  rassomiglia ad una sorta di caccia al tesoro che appassiona, poco, i soli addetti ai lavori. In questa estate torrida l’agenda politica è stata imposta da Bossi. Non è una grande agenda. Ad esempio, il voler imporre l’insegnamento del dialetto in un Paese in cui il problema è tornato ad essere la conoscenza della lingua italiana, sembrerebbe una bizzarria certificante l’ignoranza crassa dei proponenti. I proponenti sono al governo del Paese e sarebbe sbagliato sottovalutare questa politica da Bar dello Sport. L’intolleranza per il diverso cresce assieme allo smarrimento di pezzi decisivi della società  italiana. Soltanto un dio ci può salvare?