Programmi

Le elezioni si vincono con buoni programmi elettorali? Se fosse così sarebbe un bel guaio visto che Berlusconi accusa Veltroni di aver copiato il programma del suo partito. Uno dei due non svolge bene la sua funzione ed anche nella fase di fair play di questo inizio di campagna elettorale
Un amico attivissimo in politica prevede che nel corso della campagna elettorale ci sarà  il gioco di chi la spara più grossa: abolizione dell’ICI non soltanto per la prima casa, ma anche per chi la casa non la possiede, assicura un leader. L’altro risponde proponendo l’abolizione del bollo auto, del canone televisivo e l’abbattimento della tassa sui cani.
Non sono certo che un buon programma di governo porti automaticamente molti voti. E poi come deve essere un buon programma? Prendiamo la questione delle tasse. Sia Veltroni che Berlusconi promettono di abbassare la tassazione. Veltroni accentua magari la lotta all’evasione ma anche il PD sceglie la strada della denuncia del carico fiscale come male da combattere. Domanda: può un Paese ridotto come è ridotta l’Italia pensare di abbassare a tutti le tasse? Il riparto del peso fiscale è una delle ingiustizie italiane. Evasione a parte, il reddito da lavoro o da pensione è fortemente tassato, i guadagni da speculazione finanziaria sono gravati la metà  di quanto lo sono a livello europeo. E poi a cosa servono le tasse? Nelle società  più civili le tasse servono per assicurare la gestione dello stato sociale e sono il mezzo, previsto dalla Costituzione, per migliorare la ripartizione della ricchezza nazionale. Quando si promette di abbattere le tasse bisognerebbe per onesta dire quali servizi pubblici devono essere ridimensionati. Scuola, sanità , trasporti sono già  settori che necessiterebbero di enormi investimenti. Dove si trovano le risorse? La questione è la scarsa efficienza della struttura pubblica in molti settori. Ad iniziare dal costo della politica, vi sono certamente sprechi ormai intollerabili. Inefficienze e soffocante burocrazia rendono il settore pubblico non apprezzato dai cittadini. Riformare bisognerebbe senza l’ideologia della privatizzazione come panacea di tutti i mali. Sembrerà  strano, ma in Italia le privatizzazioni non sono mancate e parti significative del patrimonio pubblico sono state vendute, spesso svendute. I risultati non sono stati entusiasmanti. I servizi al cittadino non sono sempre migliorati e quello che era un bene pubblico è divenuta ricchezza privata per alcuni. (altro…)

Immagini e scenari

Sciolte le Camere, campagna elettorale iniziata. Lo sapete quanti candidati a premier ci saranno nella scheda elettorale? Una decina. Saranno candidati di destra, di centro e di sinistra.
Ci avevano assicurato che la scelta di Veltroni e di Berlusconi di correre da soli avrebbe reso più facile ai cittadini la scelta al momento del voto. Non sembrerebbe così se invece di dover dare la preferenza a Prodi o a Berlusconi dovremo scegliere tra: Berlusconi, Bertinotti, Bonino, Boselli, Casini, Ferrara, Ferrando, Mastella, Santanchè, Tabacci e Veltroni.
E’ questo l’effetto prodotto dalla decisione di Berlusconi di avere nella scheda oltre il simbolo del novello Partito delle libertà , soltanto il simbolo della Lega di Bossi. In nome dell’identità  da non smarrire, la destra di Storace e il centro di Casini correranno da soli con il loro simbolo e proprio candidato a capo del futuro governo.
Mastella, insoddisfatto dalle offerte del Cavaliere di seggi sicuri alla Camera e al Senato, ha scelto la libertà . L’aver provocato la crisi del governo Prodi non può valere soltanto tre deputati e un senatore. Non è dignitoso e alla dignità  Lui ci tiene molto. L’Udeur gareggerà  con il proprio simbolo.
Il Partito Democratico ha accettato l’accordo con Di Pietro e negato al PSI e ai radicali lo stesso trattamento. I socialisti di Boselli e i radicali della Bonino si dovranno arrangiare da soli. La scelta dell’alleanza con Di Pietro è comprensibile soltanto per ragioni elettorali o è anche la conferma dello spostamento al centro del PD? Difficile stabilirlo e non è neanche decisivo saperlo. (altro…)

voto utile

La mossa del cavallo di Veltroni ha prodotto risultati inimmaginabili fino a poche settimane fa. Caduto il governo Prodi, sciolte le Camere, indette le elezioni per il 13 e 14 aprile, l’Unione è implosa rovinosamente annullando una coalizione che se è vero che aveva sconfitto Berlusconi per due volte, si è dimostrata incapace di assicurare un governo duraturo al Paese. Non esiste più un’alleanza di centrosinistra: esiste un centro e una sinistra. Il tempo stabilirà  se la cosa è un bene o un male.
La situazione è il risultato della crisi della politica e dell’incapacità  delle classi dirigenti di far convivere riformismo moderato e sinistra popolare. Esercizio inutile ricercarne le responsabilità , pochi si salvano dal fallimento di un’esperienza che poteva andare in altro modo.
Resta da dire che una classe dirigente che riesce a far risorgere Berlusconi, dato per spacciato (politicamente) a dicembre, è un ceto politico che dovrebbe riflettere seriamente sull’opportunità  di rinunciare alle fatiche dell’impegno politico. Vi sono tante altre attività  di servizio per il bene dell’umanità . Un po’ di riposo fuori dalla macchina pubblica farebbe bene alla loro e alla nostra salute. E una fase di decantazione può aiutare il PD a costruire un partito vero e alla sinistra di ricostruire idee, valori e programmi adeguati ai problemi del Paese. Comunque, non avere più a che fare con mastelliani e diniani per chi vuole rendere più civile l’Italia sarà  cosa buona.
Il futuro ci dirà  quali forme prenderà  una rinnovata alleanza tra il centro e la sinistra. Evitare l’effetto domino salvaguardando le alleanze che governano tanta parte del sistema pubblico italiano nelle regioni e nei comuni, non sarà  impresa facile ma ritorsioni di qualsiasi natura sarebbero inammissibili.
Spetta al partito di Veltroni dimostrare che la scelta di correre da soli è stata una scelta vincente, obbligata, e non frutto di improvvisazione. La vocazione maggioritaria del PD si scontra con un sistema elettorale profondamente diverso da quello anglosassone. La corsa solitaria è obbligatoria in Inghilterra e Stati Uniti, non lo è in Italia. Anzi. Difficile ipotizzare un PD che da solo o con l’aiuto di Di Pietro raggiunga il 51% dei consensi e correre da solo per conquistare una buona posizione nell’opposizione parlamentare non è un obbiettivo che mobilita le masse del riformismo italiano. Nell’immaginario di qualche opinion maker lo scenario potrebbe essere quello della grande coalizione, come sbocco possibile del risultato delle elezioni. Un bel governo tra berluscones e veltroniani che mettano mano alla Costituzione e rendano l’Italia finalmente un Paese normale. Povera Costituzione!  E’ stata frutto di grande intelligenza e di grandi sacrifici. Eppure la Carta ha soltanto sessanta anni di vita (quella americana è del 1787 millesettecentoottantasette), sembrerebbe vitale, basterebbe applicarla bene, ma a cadenze annuali c’è chi vuole umiliarla con modifiche spesso astruse. Ma quello di una alleanza tra PD e destra berlusconiana sembra un incubo da film dell’orrore. Meglio immaginare un risultato elettorale che chiarisca da chi l’Italia vuole essere governata. (altro…)

Arriva il nuovo

Non sarà  una crisi come le altre. Troppe le contraddizioni e le divisioni che il presidente incaricato, Marini, dovrà  cercare di ricomporre. Il Paese è confuso, disorientato, scoraggiato. L’Italia del dopo guerra ha avuto molte crisi di governo in genere sono state crisi risolte all’interno del dominio della Democrazia Cristiana senza produrre grandi problemi nello sviluppo dell’economia del Paese. La novità , questa volta, è costituita dal fatto che la crisi politica avviene in una fase di condizioni economico-sociali pessime. La crescita è stentata e milioni di cittadini hanno subito nell’ultimo decennio un impoverimento relativo molto serio. Un disagio che non riguarda soltanto i ceti popolari ma coinvolge fette consistenti di ceto medio. Il risanamento dei conti pubblici operato da Prodi non ha mutato questa situazione di disagio sociale. E l’allarme per la crisi è dovuto anche al terrore delle autorità  di Bruxelles che, caduto Prodi, si torni alla finanza creativa di Tremonti.
La caduta del governo Prodi ha prodotto nel centrodestra un’euforia da prossima vittoria che impedisce qualsiasi accordo e, d’altra parte, chiedere a Berlusconi di farsi carico dell’interesse generale è sinceramente una battuta umoristica. E’ come chiedere a Kakà  di non fare goal.
Quale sarebbe l’interesse generale? Quello di andare ad elezioni anticipate con una nuova legge elettorale che superi l’attuale normativa considerata dalla stragrande parte del popolo italiano una legge truffa. Se la pur cautissima Corte Costituzionale, nell’approvare i quesiti referendari, ha dovuto riconoscere che anche vincendo il Sì la legge elettorale risultante sarebbe da riscrivere, bisogna avere un bel coraggio per chiedere all’elettorato di partecipare alle elezioni con la stessa legge che ha prodotto la precarietà  del governo Prodi.
Siamo stati privati del diritto costituzionale di scegliere i nostri rappresentanti in Parlamento. Con l’attuale legge saranno ancora gli oligarchi romani a nominare deputati e senatori. Non esiste alcun rapporto tra nominato e corpo elettorale in dispregio di qualsiasi criterio di rappresentanza e di democrazia. Una procedura ignobile che è causa non ultima del distacco della gente dalla politica. Stupisce che anche nel centrosinistra, in macerie, vi siano forze che vogliono le elezioni subito a prescindere dalle modifiche alla legge elettorale. Quando l’assillo della salvaguardia di un ceto politico diviene la bussola esclusiva delle scelte, la democrazia si ammala di una brutta malattia. Capisco la volontà  di salvaguardare una presenza politica in Parlamento, ma questo non può essere in contrasto con l’esigenza di far funzionare bene le istituzioni democratiche. La frantumazione dei partiti, i partiti del leader, i partiti personali e familiari sono il disastro della democrazia repubblicana.
Il problema della sinistra non nasce soltanto dalla qualità  del lavoro che svolge all’interno delle istituzioni. Il problema è il rapporto ormai fragilissimo con i propri referenti sociali ed ideali. Non esistono più terminali intelligenti che consentano ai gruppi dirigenti di avere coscienza delle esigenze del popolo. (altro…)