Il trappolone

Riforme, riforme, riforme. E’ questo il grido di dolore che leader politici, opinion maker, rappresentanti delle organizzazioni sociali lanciano al Paese da almeno 30 anni.
Non ricordo quante commissioni bicamerali hanno fallito nel tentativo di riforme istituzionali. E’ certo che tutte, diconsi tutte, le riforme fatte hanno fallito e indebolito la democrazia italiana.
Un esempio banale è la riforma che istituiva gli enti regione nel sistema istituzionale.
La speranza di realizzare un sistema di potere decentrato che valorizzava l’autogoverno locale, ballò una sola estate.
Un vigoroso centralismo, di ogni colore, svuotò di significato le competenze e i poteri legislativi regionali favorendo un contenzioso tra comuni e regioni e riconducendo allo Stato centrale ruoli che la Costituzione assegnava alle regioni. Lo spostamento di risorse dal centro alla periferia avvenne, quando avvenne, con vincoli che rendevano l’autonomia regionale monca e incapace di incidere nei processi economici locali.
Soltanto le regioni più creative seppero utilizzare le possibilità  offerte delle politiche sociali ed economiche della Comunità  Europea by passando i vincoli del centralismo.
Dovevano essere sciolte le amministrazioni provinciali e invece queste furono fatte galleggiare per dieci anni senza poteri e senza competenze fino a rimpolparle con ritagli di funzioni spesso riconducibili a quelle dei comuni.
Piegando i risultati dei vari referendum ai propri desideri, il ceto politico ha introdotto il maggioritario come sistema elettorale. Il risultato? La proliferazione dei partiti e il potere di ricatto non è più limitato al Ghino di Tacco di craxiana memoria che, almeno, rappresentava un partito di grande tradizione e consenso. Oggi il ricatto è esercitato da micro formazioni politiche e spesso da singoli parlamentari. Le coalizioni non si formano per libera scelta, ma sono obbligate da sistemi elettorali che rendono indispensabili anche i portatori di insignificanti (numericamente) pacchetti di voti.
E’ nata una nuova religione chiamata bipolarismo. Non sarà  il caso di verificare concretamente il rapporto costi benefici del bipolarismo all’italiana? I partiti sono aumentati, il costo della politica è divenuto intollerabile, la conflittualità  è quotidiana all’interno dei due blocchi politici e tutto il sistema istituzionale funziona malissimo nel suo rapporto con i cittadini.
Riformar bisogna, ma con intelligenza e rispetto delle regole. (altro…)

Implosioni

L’ultima legge finanziaria approvata senza mettere la fiducia è stata quella del 2004. Il governo era presieduto da Berlusconi che, va ricordato, aveva in parlamento una maggioranza amplissima. Che il governo Prodi incassi una vittoria netta e trasparente è fuor di dubbio. Soltanto Berlusconi è convinto del contrario, ma è noto che l’attitudine del cavaliere è quella di costruire immagini che poco tengono conto della realtà . Il governo cadrà  il 14 novembre, prometteva alla mamma e ai suoi fidi il presidente dell’A.C.Milan. Non è caduto? Cadrà  al più presto. Non hanno funzionato i talent scout della campagna acquisti. Alla riapertura del mercato, a gennaio, per il calcio e per i senatori si ricomincia. Ronaldinho per il Milan e qualche senatore per far cadere Prodi.
Berlusconi è un “creativo” della pubblicità  e i guru del marketing ci dicono che ripetere ossessivamente le qualità  di un prodotto, anche se non vere, fa vendere il detersivo più pubblicizzato meglio degli altri.
Doveva implodere il centrosinistra e invece l’approvazione della legge di bilancio sta provocando tensioni molto serie nel centrodestra. La Casa delle libertà  rischia di sgretolarsi. Dopo il voto in Senato, la disponibilità  di UDC, Lega e Alleanza Nazionale a partecipare al tavolo delle riforme proposto dal centrosinistra, isola Forza Italia. Una nuova legge elettorale e qualche riforma istituzionale divengono possibili e in ogni caso, si spostano in avanti le eventuali elezioni anticipate. Sono necessarie riforme elettorali e istituzionali? Obbligatorie direi. Ma quali e in quali direzione? Qui sta il dilemma. (altro…)

Risorse

Alcuni ricercatori economici americani hanno dimostrato un rapporto stretto tra aumento del prodotto interno lordo e tasso di immigrazione. Più immigrati ufficiali o clandestini entrano negli States, più la ricchezza nazionale aumenta.
E’ dimostrato che interi comparti dell’economia e della società  italiana, entrerebbero in crisi senza l’apporto di lavoratori provenienti da altri Paesi del mondo. La Padania intera utilizza massicciamente mano d’opera straniera nelle piccole imprese, esattamente come il profondo Sud dell’Italia per il comparto dell’agro-industria. Ognuno ha potuto sperimentare che, alle carenze dell’organizzazione pubblica nella gestione dei servizi all’infanzia e alla terza età , unita alla crisi della famiglia tradizionale, si supplisce con personale di assistenza di origine extra italiana. L’immigrazione è quindi una risorsa positiva per lo sviluppo dell’economia e per i servizi alla persona. Eppure nel senso comune, a fasi alterne, prevale la diffidenza a volte il rifiuto dell’altro, dell’immigrato. E’ questione non solo italiana.
In tutta Europa, in forme diverse, crescono spinte xenofobe che alcuni partiti della destra utilizzano per i loro successi politici. Quanto accaduto attorno alla vicenda dei rom e dei romeni in Italia ha caratteristiche ancor più gravi proprio perchè ha avuto come protagonisti, negativi, anche pezzi del centrosinistra. Sottovalutare la questione della sicurezza sarebbe un errore. E’ vero che la micro criminalità  colpisce quasi sempre i più deboli e assuefarsi senza reagire costituirebbe un disastro. L’illegalità  va combattuta ad ogni livello scegliendo la strada giusta. Tolleranza zero è uno slogan che va bene per un film con il grande Clint Eastwood, ma non funziona in mancanza di politiche che si basano sull’integrazione, sull’accoglienza, sulla tolleranza degli immigrati.
Le migrazioni sono la grande emergenza di questi anni. Anche se la storia dell’umanità  è segnata da sempre da processi di immensi trasferimenti di popoli, la globalizzazione economica e culturale di questi anni enfatizza il problema. Sono contenibili con la repressione e con la chiusura delle frontiere? Chi lo sostiene dice una falsità . Gli Stati Uniti hanno costruito una barriera fisica (filo spinato e tecnologia) ai confini con il Messico senza ottenere risultati apprezzabili. La California continua ad avere latinos clandestini.
E’ il caso di interrogarsi piuttosto sui motivi che portano milioni di donne e di uomini a lasciare la loro terra per entrare nel primo mondo. Il nostro occidente possiede l’ottantacinque per cento della ricchezza mondiale ed è abitato dal dieci percento della popolazione. Non è scontato che quei popoli che non possiedono nulla, cerchino di entrare nel nostro mondo in mancanza di politiche di sostegno al loro sviluppo endogeno?
Piuttosto che i muri (impossibili anche per la conformazione dell’Italia) è meglio che la politica scelga la strada dei rapporti con i Paesi di provenienza e con intelligenza, cercare di integrare chi arriva per lavorare in Italia. Integrare non è semplice. (altro…)

Qualcosa di sinistra

Succede raramente, ma anche la stampa italiana può produrre testi che hanno il merito di non essere banali ripetizioni delle stupide polemiche tra addetti ai lavori. Questo è esemplare per capacità  di analisi del problema dei migranti e del significato delle parole sinistra politica.

“La Stampa” 9 novembre 2007

La politica è fatta di scelte, ma vive di gesti simbolici. Veltroni, il leader della sinistra italiana, anzichè suggerire o sollecitare o tollerare che l’inumana favela di Tor di Quinto fosse rasa al suolo, avrebbe dovuto visitarla.
Avrebbe dovuto parlare con chi ci abita, fermarcisi una notte, convocare le telecamere e dire agli italiani due cose: come leader del Partito democratico, spiegare che i non-italiani sono tanti e saranno sempre di più, e che è nostro preciso dovere garantire loro condizioni di vita dignitose; come sindaco di Roma, impegnarsi a trovare quanto prima un lavoro e una casa e una scuola per tutti i disgraziati abitanti della baraccopoli. Che senso ha andare in Africa se non ci si preoccupa delle migliaia di stranieri che vivono come bestie in decine di agglomerati fatiscenti – Forza Italia ne ha contati ottanta – sparsi per Roma? E che senso ha essere e dirsi «di sinistra» se non si condivide e non si pratica l’accoglienza, la tolleranza, l’apertura, la pietà ? (altro…)

Pentiti e logorroici

Il Partito Democratico continua ad essere al centro del dibattito politico. La cosa era scontata considerando che il progetto del  nuovo partito non è chiarissimo nelle strategie e la stessa forma organizzativa è ancora, diciamo così, in ideazione e le idee in campo sono molteplici. La novità  c’è e condiziona marcatamente anche le altre formazioni politiche. Le aspettative sono molte e molto viene richiesto al leader del PD in termini di innovazione politica. Anche coloro che non aderiranno al nuovo partito sanno bene che un fallimento sarebbe una catastrofe per la democrazia italiana già  da anni in pessima salute. Sono oltre quindici anni che siamo in transizione. Bruciata la prima repubblica stiamo passando alla terza senza il minimo rimpianto per la seconda che per molti ha fatto rimpiangere la prima. La costante è stata un ceto politico immobile come la linea Maginot.
Il tempo non è molto e costruire qualcosa di innovativo in un pantano come è oggi la politica italiana, non è cosa semplice.
Ciò è aggravato da alcune contraddizioni drammaticamente pesanti.
La più evidente è quella di come costruire il partito e salvaguardare nel contempo il governo Prodi.
La diarchia Prodi-Veltroni può essere anche un valore aggiunto, ma può anche provocare tensioni all’interno della coalizione. Come si può constatare giornalmente le tensioni inter alleanza non mancano e il PD dovrebbe essere il partito con maggior capacità  di dare solidità  alla alleanza.
E’ evidente che le forze politiche di governo non PD debbano accettare la guida del capo del governo. Si discute, ma alla fine è Prodi che è legittimato a decidere. Con Veltroni, l’altro pezzo della diarchia, le cose sono diverse. I partiti vogliono confrontarsi prima che le decisioni vengano prese dal segretario del Partito Democratico se queste condizionano l’azione governativa. Quanto è successo per il decreto sulla sicurezza è da questo punto di vista esemplare e da evitare nel futuro.
Che Veltroni abbia interesse ad impedire la caduta di Prodi dovrebbe essere cosa ovvia. Pochi credono ad elezioni anticipate con l’attuale legge elettorale e nonostante l’insistenza di Berlusconi, un governo istituzionale è nelle cose se la debolezza del governo si tramuta in crisi formale. Molti lavorano a questa ipotesi. Soluzione che consentirebbe un cambio di alleanze e nella prossima primavera lo svolgimento del referendum sulla legge elettorale vigente. Gli esperti del settore avvertono che vinto il referendum (chissà ) rimarrebbe un sistema elettorale ancor più osceno dell’attuale. E’ una balla che scomparirebbero i piccoli partiti. Anzi, rafforzerebbero il loro potere nelle coalizioni. Il premio di maggioranza verrebbe assegnato alle liste, non ai partiti.  Ma è roba da esperti, il popolo può solo partecipare ai riti utili al ceto politico per conservare il proprio potere.
I bookmaker di Londra non accettano scommesse sulla durata del governo Prodi. Troppo evidente la sua debolezza e scontata sembrerebbe la sua caduta. Non sono tra quelli che ritengono l’esperienza di Prodi del tutto negativa. Anzi. In questi diciotto mesi il Paese ha evitato il disastro a cui l’aveva portato il governo Berlusconi. Dimenticare la catastrofe dei conti pubblici gestiti da Tremonti o le leggi cucite addosso ai berluscones è stato l’errore compiuto da opinion maker e popolino. (altro…)