Tasse e rivolte

Applausi a destra, a sinistra e al centro. Entusiasmo, appena velato, di Prodi per le parole del cardinal Bertone. Richiesto di valutare la proposta della Lega di uno sciopero fiscale, l’eminenza ha banalmente detto che le tasse vanno pagate se dovute a leggi giuste. Il cardinale ha aggiunto che le tasse servono per alleviare le sofferenze dei poveri. Qualche avventuroso laico si è permesso di sottolineare che difficile capire chi è preposto a giudicare che una legge sia giusta o meno. Ai profani sembrerebbe che l’unico organo legittimato sia il Parlamento della Repubblica e non i berluscones. Gli estremisti hanno ricordato che la chiesa cattolica di tasse non ne paga. E’ esente per legge. La rigorosa Commissione Europea alla Concorrenza nella circostanza tace. Nessuna osservazione sull’esenzione totale dalle tasse anche per le attività  economiche della Chiesa. D’altra parte, l’aiuto ai poveri la Chiesa lo assicura con altri meccanismi.

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Appelli e salotti

Il Presidente Prodi ha scritto attraverso “Il Manifesto” e “Liberazione  alla sinistra popolare un appello richiedendo un sostegno al Suo governo. Il Presidente ha fatto una cosa giusta che richiede un apprezzamento e qualche annotazione. Meglio di tutti, Prodi, sa che la parte più debole della società  è quella più insoddisfatta dell’azione della coalizione dell’Unione. Sondaggi e indagini dimostrano che la scelta fatta dal governo di risanare i conti pubblici, anche a costo di perpetuare una politica economica che scarica sulle masse popolari i costi del risanamento, ha prodotto malessere e insoddisfazione proprio tra gli elettori della sinistra. E’ vero che non tutto si può risolvere in un anno di governo. La destra berlusconiana aveva portato il Paese alla crescita zero, i conti pubblici allo sbando nonostante la creatività  di Tremonti non contestato a sufficienza dai burocrati di Bruxelles. Tutto vero. Come è vero che la maggioranza uscita dalle elezioni è debole in un ramo del Parlamento. Rimane il fatto che risanare non basta ad ottenere consenso se non si intravede la strada di un inversione di tendenza rispetto a quello che ha fatto Berlusconi nel terreno della giustizia sociale. Prodi per professioni svolte, conosce quanto è successo nel mondo e in Italia dagli anni ’70 ad oggi nella distribuzione della ricchezza prodotta. Un’enorme quantità  di reddito si è spostata dalla parte più povera alla parte più ricca delle varie società . Si è allargata la base meno abbiente e anche il ceto medio produttivo ha subito un ridimensionamento delle proprie condizioni materiali. In ogni famiglia c’è ormai un “precario” (non solo giovane), i redditi da lavoro e le pensioni hanno subito un colpo micidiale mentre le rendite finanziare o immobiliari assicurano livelli di consumismo che ai più risultano vere oscenità . Non si poteva far tutto, ma un segnale di svolta poteva essere dato. Ad esempio, perchè non si è adeguata a quella europea la tassazione sui guadagni derivanti dagli investimenti finanziari?  L’Onorevole Fassino ha dichiarato di non capire l’insoddisfazione della CGIL per gli accordi su Welfare e pensioni. Evidentemente il segretario uscente non conosce più le condizioni materiali della gente cui ha chiesto per così tanti anni fiducia e voti. Qualche salotto televisivo in meno e qualche incontro in periferia aiuterebbero a capire meglio l’insoddisfazione del sindacato.
L’appello di Prodi ha però anche un significato politico di rilievo. La vulgata costruita dai così detti organi d’informazione, descrive la sinistra come “sinistra radicale” e denuncia la dipendenza di Prodi dagli estremisti al governo. Prodi, giustamente, parla di sinistra popolare perchè sa bene che il governo è a rischio non per responsabilità  di Mussi o Diliberto ma per le manovre di coloro che si autodefiniscono riformisti d’origine controllata. L’eroico Rutelli vuole costruire alleanze di nuovo conio(che fantasia!), Di Pietro dichiara che la prossima legislatura non starà  più con un centrosinistra che comprenda”¦.la sinistra, Dini forte del suo ampio consenso elettorale minaccia, all’unisono con il grande Mastella, una crisi al giorno. Il capo del governo non può non aver capito che la sinistra radicale è una trovata pubblicitaria inventata dai berluscones della destra e dai riformisti “radicali” per piegare il governo alle volontà  dei vari Montezemolo di turno. Non bisogna essere scienziati della politica per capire la mistificazione.
Il Parlamento sospende i lavori, iniziano le ferie della politica. Come è consuetudine si parla di un autunno che sarà  certamente caldo. Lo sarà  davvero? La situazione non volge al bello e molte sono le incertezze. Ad iniziare da come si va evolvendo il processo di costruzione del Partito Democratico, tutto sembra confuso. La felice intuizione di far scendere in campo Walter Veltroni come segretario del nuovo partito sta producendo risultati contraddittori che rischiano di rendere ancora più incerta la fisionomia della formazione politica che ha l’ambizione di cambiare lo scenario politico dell’Italia. Intanto una cosa è certa. Nessun candidato alla segreteria ha dichiarato a quale aggregazione politica europea vorrà  aderire. Ciò significa che la questione dell’adesione all’internazionale socialista non è all’ordine de giorno. Problema non marginale considerando il rilievo che le politiche europee hanno nella vita del nostro Paese. Si vedrà .

Ideologia

Dopo un travaglio lungo e faticoso, il governo e i sindacati hanno siglato un accordo per la riforma del sistema pensionistico. Non ho le competenze per esprimere valutazioni in merito e quindi mi soffermerò sulle conseguenze politiche dell’intesa raggiunta a Palazzo Chigi.
La prima, la più evidente, è l’impatto che si è avuto nel mondo della sinistra fuori dei costruttori del Partito Democratico.
Si stanno svolgendo da mesi incontri e dibattiti tra Mussi, Diliberto, Pecoraro Scanio e Giordano che pongono l’esigenza di andare oltre la frantumazione delle sigle. “La cosa rossa” come risposta all’aggregazione di DS e Margherita. Non si tratta di un processo semplice. La sinistra è in crisi in tutta Europa e se possibile da noi ancora di più. Il rischio dell’estinzione è evocato da Bertinotti e da tanti altri. Siamo all’emergenza, dicono.
Eppure alla prima significativa scadenza, l’accordo sulle pensioni appunto, la “cosa rossa” implode e ognuno va per la sua strada. Mussi e Pecoraro Scanio definiscono l’intesa un buon compromesso, Diliberto e Giordano annunciano il loro secco No. Al di là  di chi ha ragione e chi ha torto mi sembra evidente che ci troviamo di fronte al permanere di una divisione che rende fantasiosa ogni ipotesi di contenitore unico per i partiti e movimenti della frantumata sinistra italiana. Coloro che continuano a sostenere che il governo è ostaggio della sinistra radicale perpetuano la loro falsificazione della realtà  con l’evidente obbiettivo di mettere in crisi il governo. Prodi cadrà , sono accettate scommesse, non per le bizze di Giordano, ma per le pressioni dei così detti moderati intenzionati sempre più a spostare a destra l’asse del governo. Le alleanze di “nuovo conio” del prode Rutelli sono il vero obbiettivo degli opinion maker del Paese.
La partita è stata durissima. Tutti i grandi giornali uniti ai burocrati europei e a molti leader politici, sollecitati da intellettuali di chiara fama, hanno orchestrato una campagna ideologica per dimostrare “l’egoismo” dei lavoratori più anziani nel pretendere una pensione decente ad un’età  accettabile. “Penalizzate le nuove generazioni”, hanno spiegato. Le nuove generazioni sono quelle che attualmente svolgono principalmente lavori flessibili, mal retribuiti e che spesso non possono pagarsi nemmeno i contributi pensionistici per la precarietà  del loro lavoro. Insomma coloro che hanno voluto leggi che rendono precario il lavoro, sono gli stessi che accusano i “vecchi” lavoratori per la loro difesa di un sistema pensionistico civile. Indifferenti al dato certo che l’INPS ha i conti a posto e non c’è rischio di collasso. Nonostante che all’ente previdenziale, siano assegnati costi impropri anche le future pensioni sono coperte nonostante l’allungamento dell’aspettativa di vita della popolazione. Al grido di un nuovo patto generazionale l’esercito dei riformisti vuole imporre l’allungamento della vita lavorativa. Mistificando e nascondendo il fatto che è la precarietà  del lavoro il vero problema italiano e non un anno in più o in meno nell’andata in pensione.
Come meravigliarsi? Questo è un Paese in cui i fondi pensionistici dei lavoratori dipendenti sono serviti per coprire i buchi finanziari dei fondi pensione dei dirigenti aziendali e di alcune categorie del lavoro autonomo.
Il problema italiano, ma non solo, è la “dittatura” di un’ideologia liberista che non lascia spazio a nessun altro modo di vedere la realtà . Una cappa pesante che interessa tutti gli aspetti della vita. Un esempio? L’organizzazione mondiale della sanità  ha stilato graduatorie dei sistemi sanitari esistenti. Il risultato? I migliori sono i sistemi pubblici, ai primi posti quello italiano. C’è qualche leader politico che ricorda questo? No, l’ideologia lo impedisce. In Italia si parla di mala sanità . Intendiamoci ci sono anche aspetti sgradevoli nella sanità  italiana che devono essere combattuti, ma nel complesso il settore non privato funziona meglio anche in Italia. Nel Lazio, dove la sanità  è stata privatizzata in maniera significativa le cose vanno male. In Umbria dove la sanità  è essenzialmente pubblica i servizi funzionano meglio.