Meno poltrone, più referendum

Le ultime elezioni amministrative hanno reso ancora più evidente
la marginalità dei partiti politici rispetto alla vita dei
cittadini. Un esame attento dei risultati dimostra che la
personalizzazione della politica rende quasi superflua la politica
organizzata. Vincono o perdono i candidati a sindaco al di là
delle forze politiche che li esprimono. Lo straordinario successo
di Veltroni o di Chiamparino è dovuto essenzialmente alle qualità
amministrative dei due sindaci piuttosto che alla forza della
coalizione che li ha espressi. Dall’elezioni politiche sono
trascorse poche settimane e questa volta l’effetto Berlusconi non
c’è stato. Il centrodestra ha confermato una debolezza strutturale
nel suo insediamento territoriale e può consolarsi con la
riconquista di Milano. Che non è poco. Conferma lo scarso appeal
dell’Unione in una città molto importante per la vita economica e
politica del Paese come è la capitale lombarda.
La partita elettorale non si è giocata in televisione, ma nelle
piazze italiane e forse l’Unione dovrebbe trarne una lezione. Meno
TV e più partecipazione popolare sarebbe scelta saggia. Spiace
sentire Bertinotti affermare che se non si è in televisione non si
esiste politicamente. Al riguardo, ci vorrebbe più prudenza. I
rapporti con il popolo sono anche gestibili direttamente senza
passare da Bruno Vespa e anche il voto amministrativo lo dimostra.
In ogni caso si è trattato di un risultato elettorale che deve far
riflettere.
Prendiamo le elezioni in Umbria. A Città di Castello e a Gubbio
andranno al ballottaggio candidati sindaco soltanto dell’Unione,
la destra conferma la sua forza ad Assisi, perde l’amministrazione
di Nocera e scompare negli altri comuni dove si è votato
nonostante che alle politiche del 9 aprile avesse ottenuto quasi
il 44% dei voti. La tradizionale forza elettorale e organizzativa
dei DS, non è bastata a far eleggere al primo turno il sindaco a
Città di Castello e a Gubbio. Goracci, sindaco di Rifondazione,
ottiene quasi la maggioranza a Gubbio nonostante che il partito
guidato da Bracco è elettoralmente più forte. Perché? Anche
scontando la mediocre gestione politica di tutta la vicenda, il
dato che emerge è uno solo:la qualità e gli interessi del
candidato prevalgono su ogni altro valore. E’ un bene o no? Una
lettura semplificata porta a concludere che è un bene che si
stabilisca un legame diretto cittadino-amministratore senza
mediazioni partitiche, ma ciò ha delle conseguenze dirompenti per
i partiti. Certo ormai un partito politico è nella sostanza il
“partito degli eletti”. Chi non è un amministratore o un deputato
ha poche chance di avere un ruolo politico. La politica esaurisce
il suo compito nell’amministrare un esistente deciso in altri
luoghi, rispetto alle istituzioni e da altri poteri lontani dai
partiti.
Non conosco bene le differenze programmatiche dei candidati
sindaco del centrosinistra né quelle del centrodestra. Si è
discusso poco di programmi o di priorità da realizzare.
Non si è capito bene su cosa si siano divisi Ciliberti e Cecchini
a Città di Castello o Goracci e Barboni a Gubbio. Non sono tutti
unionisti? Non sono al governo in Provincia, Regione e a Roma?
Hanno prevalso logiche di schieramento che divengono allucinanti
visto che, tutti i partiti di centro-sinistra, sono insieme
nell’Ulivo e tra i DS e la Margherita si dovrebbe procedere in
tempi non biblici ad una fusione verso il partito democratico.
In una intervista, la presidente della nostra regione parla
dell’esigenza di andare alla costruzione del partito democratico
anche in Umbria. “Non è un mio sogno, di sicuro, anche se sono
convinta che bisogna farlo”. Dice la presidente. E si capisce
quanto sia difficile pensare come ad un sogno un partito che ad
oggi rischia di non essere né carne né pesce. Un partito per
formarsi ha bisogno di avere un orizzonte, un progetto che
travalica la gestione quotidiana degli affari correnti.
Scomparso quello del socialismo bisognerebbe immaginarsene un
altro e capire intanto a cosa serve il nuovo partito, a quali
interessi e valori corrisponde e quali sono le idee di società su
cui mettere d’accordo Rutelli e Mussi. Chi la costruirà questa
nuova organizzazione politica? Partire dagli amministratori e
dalle realtà locali dicono in molti. Giusto, ma non basterebbe.
Come non rendersi conto che ciò che va ricostruito è un rapporto
tra la politica e la vita della gente? I vecchi partiti di massa
rappresentavano nel bene e nel male anche una comunità. Si
articolavano in strutture di base e in organizzazioni di massa che
coprivano spesso anche il tempo libero dei militanti. Essere
iscritto alla democrazia cristiana o al partito socialista,
significava acquisire un’identità, un senso di appartenenza che
condizionava comportamenti e valori. Quelle strutture non sono più
riproducibili? Certamente no, ma il vuoto che esse hanno lasciato
deve essere riempito immaginando una nuova fase della democrazia
italiana che, ormai è evidente, non gode di buonissima salute.
Una prima occasione di riflessione potrebbe essere quella offerta
della campagna referendaria per l’abolizione della controriforma
costituzionale votata dal centrodestra. Al momento il leader
politico più impegnato è il senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro.
Persona degnissima, di grande tempra politica ma che forse ha
bisogno di qualche sostegno da parte dei leader unionisti.
Sistemati ministri, vice-ministri e sottosegretari, i capi della
coalizione al governo potrebbero fare un piccolo sforzo di
mobilitazione? Non si vince un posto da sindaco o da deputato né è
in discussione la collocazione di questo o di quello. Questa volta
si tratterebbe di una vittoria che riguarda tutti i democratici.
Salvaguardare la Carta Costituzionale del ’48 forse vale più di un
posto al sole.
Corriere dell’Umbria 4 giugno 2006

Meno poltrone, più referendum

Le ultime elezioni amministrative hanno reso ancora più evidente
la marginalità  dei partiti politici rispetto alla vita dei
cittadini. Un esame attento dei risultati dimostra che la
personalizzazione della politica rende quasi superflua la politica
organizzata. Vincono o perdono i candidati a sindaco al di là 
delle forze politiche che li esprimono. Lo straordinario successo
di Veltroni o di Chiamparino è dovuto essenzialmente alle qualità 
amministrative dei due sindaci piuttosto che alla forza della
coalizione che li ha espressi. Dall’elezioni politiche sono
trascorse poche settimane e questa volta l’effetto Berlusconi non
c’è stato. Il centrodestra ha confermato una debolezza strutturale
nel suo insediamento territoriale e può consolarsi con la
riconquista di Milano. Che non è poco. Conferma lo scarso appeal
dell’Unione in una città  molto importante per la vita economica e
politica del Paese come è la capitale lombarda.
La partita elettorale non si è giocata in televisione, ma nelle
piazze italiane e forse l’Unione dovrebbe trarne una lezione. Meno
TV e più partecipazione popolare sarebbe scelta saggia. Spiace
sentire Bertinotti affermare che se non si è in televisione non si
esiste politicamente. Al riguardo, ci vorrebbe più prudenza. I
rapporti con il popolo sono anche gestibili direttamente senza
passare da Bruno Vespa e anche il voto amministrativo lo dimostra.
In ogni caso si è trattato di un risultato elettorale che deve far
riflettere.
Prendiamo le elezioni in Umbria. A Città  di Castello e a Gubbio
andranno al ballottaggio candidati sindaco soltanto dell’Unione,
la destra conferma la sua forza ad Assisi, perde l’amministrazione
di Nocera e scompare negli altri comuni dove si è votato
nonostante che alle politiche del 9 aprile avesse ottenuto quasi
il 44% dei voti. La tradizionale forza elettorale e organizzativa
dei DS, non è bastata a far eleggere al primo turno il sindaco a
Città  di Castello e a Gubbio. Goracci, sindaco di Rifondazione,
ottiene quasi la maggioranza a Gubbio nonostante che il partito
guidato da Bracco è elettoralmente più forte. Perchè? Anche
scontando la mediocre gestione politica di tutta la vicenda, il
dato che emerge è uno solo:la qualità  e gli interessi del
candidato prevalgono su ogni altro valore. E’ un bene o no? Una
lettura semplificata porta a concludere che è un bene che si
stabilisca un legame diretto cittadino-amministratore senza
mediazioni partitiche, ma ciò ha delle conseguenze dirompenti per
i partiti. Certo ormai un partito politico è nella sostanza il
“partito degli eletti”. Chi non è un amministratore o un deputato
ha poche chance di avere un ruolo politico. La politica esaurisce
il suo compito nell’amministrare un esistente deciso in altri
luoghi, rispetto alle istituzioni e da altri poteri lontani dai
partiti.
Non conosco bene le differenze programmatiche dei candidati
sindaco del centrosinistra nè quelle del centrodestra. Si è
discusso poco di programmi o di priorità  da realizzare.
Non si è capito bene su cosa si siano divisi Ciliberti e Cecchini
a Città  di Castello o Goracci e Barboni a Gubbio. Non sono tutti
unionisti? Non sono al governo in Provincia, Regione e a Roma?
Hanno prevalso logiche di schieramento che divengono allucinanti
visto che, tutti i partiti di centro-sinistra, sono insieme
nell’Ulivo e tra i DS e la Margherita si dovrebbe procedere in
tempi non biblici ad una fusione verso il partito democratico.
In una intervista, la presidente della nostra regione parla
dell’esigenza di andare alla costruzione del partito democratico
anche in Umbria. “Non è un mio sogno, di sicuro, anche se sono
convinta che bisogna farlo”. Dice la presidente. E si capisce
quanto sia difficile pensare come ad un sogno un partito che ad
oggi rischia di non essere nè carne nè pesce. Un partito per
formarsi ha bisogno di avere un orizzonte, un progetto che
travalica la gestione quotidiana degli affari correnti.
Scomparso quello del socialismo bisognerebbe immaginarsene un
altro e capire intanto a cosa serve il nuovo partito, a quali
interessi e valori corrisponde e quali sono le idee di società  su
cui mettere d’accordo Rutelli e Mussi. Chi la costruirà  questa
nuova organizzazione politica? Partire dagli amministratori e
dalle realtà  locali dicono in molti. Giusto, ma non basterebbe.
Come non rendersi conto che ciò che va ricostruito è un rapporto
tra la politica e la vita della gente? I vecchi partiti di massa
rappresentavano nel bene e nel male anche una comunità . Si
articolavano in strutture di base e in organizzazioni di massa che
coprivano spesso anche il tempo libero dei militanti. Essere
iscritto alla democrazia cristiana o al partito socialista,
significava acquisire un’identità , un senso di appartenenza che
condizionava comportamenti e valori. Quelle strutture non sono più
riproducibili? Certamente no, ma il vuoto che esse hanno lasciato
deve essere riempito immaginando una nuova fase della democrazia
italiana che, ormai è evidente, non gode di buonissima salute.
Una prima occasione di riflessione potrebbe essere quella offerta
della campagna referendaria per l’abolizione della controriforma
costituzionale votata dal centrodestra. Al momento il leader
politico più impegnato è il senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro.
Persona degnissima, di grande tempra politica ma che forse ha
bisogno di qualche sostegno da parte dei leader unionisti.
Sistemati ministri, vice-ministri e sottosegretari, i capi della
coalizione al governo potrebbero fare un piccolo sforzo di
mobilitazione? Non si vince un posto da sindaco o da deputato nè è
in discussione la collocazione di questo o di quello. Questa volta
si tratterebbe di una vittoria che riguarda tutti i democratici.
Salvaguardare la Carta Costituzionale del ’48 forse vale più di un
posto al sole.
Corriere dell’Umbria 4 giugno 2006