Il lungo travaglio della Lorenzetti

Margaret Thatcher, dopo essere stata rimossa dall’incarico di primo ministro
per decisione del partito conservatore inglese, lasciò Downing street a bordo di
un taxi e pagò le spese di trasloco dalla residenza del capo del governo alla
sua abitazione. La donna che distrusse in un decennio, attraverso una sorta di
rivoluzione conservatrice, le trade unions e il partito laburista, perso il potere,
non fece pagare allo Stato nemmeno un penny. Il dottor Fitto, sconfitto da
Niky Vendola nelle regionali delle Puglie, avrà  per cinque anni garantita l’auto
blu pagata dai contribuenti italiani.
Massimo Cacciari, filosofo passato dal pensiero di W.F.Nietzsche a quello di
Rutelli, è ridiventato sindaco di Venezia sollecitando e ottenendo i voti della
destra. Il dottor Cacciari si dichiara uomo del centrosinistra, ma ottiene i
complimenti di Alleanza Nazionale e di tutta la destra veneta per aver sconfitto
l’avversario candidato dal centrosinistra. La soddisfazione è grande: è la prima
volta che Venezia esprime un sindaco votato dalla destra. Cacciari entusiasta,
teorizza, è abituato a farlo, un mondo della politica in cui destra e sinistra si
uniscono in un laboratorio creativo in cui è decisivo il ruolo di”¦..Cacciari.
E’ la nuova politica quella che ci tocca vivere ai tempi del berlusconismo e del
maggioritario all’italiana. Ed hanno ragione coloro che temono che alla
scomparsa politica dell’uomo di Arcore, non corrisponda affatto il ripristino
della politica come servizio all’interesse collettivo. Il dopo elezioni sta là  a
dimostrare la pochezza del dibattito politico in una fase così delicata per la
democrazia italiana.
E’ il sistema politico vigente, frutto di anni e anni di improvvisazioni istituzionali,
che produce le astrusità  che ci tocca constatare leggendo dichiarazioni e giudizi
da vari candidati eletti o no in consiglio regionale. Non è solo demerito degli
interessati l’asprezza degli scontri interni ai partiti. Certo lascia trasecolati
leggere dichiarazioni di un dirigente che intima il silenzio ad un suo compagno
di partito che risulterebbe sconfitto nella sua azione lobbistica. Comprensibile
l’amarezza e la delusione di molti non eletti,ma bisogna fare uno sforzo per
capire ciò che è successo al ceto politico italiano. Senza modificare i sistemi
elettorali non c’è speranza di uscire da una situazione in cui l’interesse
personale prevale su quello generale. E quale è l’interesse generale?
Banalizzando si potrebbe dire che sia quello di avere una classe politica che per
competenze e per passione civile mette al primo posto il bene collettivo.
Ad esempio sarebbe buona cosa se la giunta regionale dell’Umbria fosse
formata a prescindere dal brutale interesse di partito o di qualche famiglia
importante. I beni informati assicurano che la nuova giunta non ci stupirà . Al di
là  di qualche new entry la struttura si confermerà  ben sperimentata e
conosciuta. E questo non sarebbe una tragedia se le scelte di conferma fossero
dettate dalle qualità  amministrative degli “eletti” e non dal semplice criterio
della carriera o peggio da familismo.
Purtroppo i partiti sono diventati strumenti che servono soltanto ad assegnare
incarichi. Una sorta di assemblea degli azionisti che sceglie i membri dei vari
“consigli di amministrazione” in un gioco dell’oca i cui giocatori sono
praticamente gli stessi e senza arbitri. Vale il principio dell’ognuno per sè e
l’effetto Berlusconi per tutti.
Rita Lorenzetti ha ottenuto uno straordinario risultato personale. Successo
individuale conseguenza e frutto di tanti fattori ad iniziare dalla capacità 
dimostrata dalla presidente di avere un rapporto con la società  regionale in
tutte le sue espressioni partendo da quella popolare. Logica vorrebbe che dopo
tanto ben di dio in consensi elettorali nominare la giunta sia un gioco da
ragazzi. Non è così.
Le leggi prevedono l’esclusiva competenza del presidente nel formare
l’esecutivo, ma la realtà  spesso confligge con le norme scritte. La confermata
presidente ha un grande problema la cui soluzione non dipende soltanto dalla
sua volontà . Si tratta di costruire una classe dirigente di valenza regionale
anche a prescindere da un rigido equilibrio territoriale. Non è questo all’ordine
del giorno dei partiti politici? Se è così è tutta la coalizione vincente che
dovrebbe dimostrare una sensibilità  istituzionale nella scelta delle rose di
candidati da proporre per l’ingresso in giunta regionale.
E’ scontato che non sarà  così. A sentire alcuni c’è il rischio che per scelta dei
diversi partiti, la giunta regionale sarà  composta da molti assessori provenienti
dalla parte sud della nostra regione. Funzionerà  una giunta così squilibrata?
Le elezioni, vittoriose per il centrosinistra, hanno provocato molti problemi
all’interno dell’Unione. Il cannibalismo della preferenza unica ha prodotto molti
danni e determinato una capacità  di rappresentanza del consiglio regionale
sbilanciata che potrebbe rappresentare un serio problema nel rapporto con gli
amministrati.
E al di là  della giusta soddisfazione per i risultati elettorali è il caso di
cominciare a preoccuparsi per i problemi irrisolti del Paese e dell’Umbria. La
crisi del governo Berlusconi sarà  risolta rapidamente. Questa volta il cavaliere
non ci meraviglierà  e le novità  non entreranno nella storia. Storace ministro
della sanità  o La Malfa imbarcato nel governo della destra sono cose che non
cambiano la vita a nessuno di noi.
Inizia un anno di galleggiamento nei marosi della crisi profonda della società 
italiana. Come Umbria non siamo un mondo a parte. La decadenza della
nazione potrà  avere effetti devastanti anche nella nostra comunità . E’ il caso di
mettere in campo tutte le intelligenze e le potenzialità  della nostra terra per
contrastare i pessimi processi in atto. Una buona giunta sarebbe d’aiuto, ma i
versi non sono belli.
Corriere dell’Umbria 24 aprile 2005

Tanti consensi, tante ferite

Nel complesso tutti gli analisti concordano che il carisma del capo di Forza
Italia non funziona più.
Da qui la bruciante sconfitta nelle elezioni regionali di domenica scorsa? La tesi
che le televisioni non bastano per convincere gli elettori sembra essere
insufficiente. Nel voto non avranno influito anche fattori più concreti del
carisma di un eccellente venditore di sogni come Berlusconi? Qualche
riflessione in più rispetto alle condizioni di vita del popolo italiano aiuterebbe a
capire. Negli ultimi quattro anni non sono certamente migliorate le prospettive
di tanta gente. Un lavoro decente e stabile è un lusso. Ad un pensionato la
pensione non garantisce più una vita dignitosa. Nonostante l’enfasi posta da
Berlusconi sui miracoli dell’attività  di governo la gente è oggi insicura e in molti
casi più povera.
La maggioranza della nazione non sostiene il presidente di Mediaset perchè lo
stato dell’economia e del vivere è peggiorato per gran parte del popolo italiano.
Il resto è aria fritta. L’entità  della disfatta è tale da non lasciare il minimo
spazio ad analisi rabbuffate come quelle tentate dai berluscones alla Fabrizio
Cicchitto.
Il disfacimento del centrodestra è sotto gli occhi di tutti. Perdere in un sol colpo
due milioni di elettori è cosa che non può non incidere profondamente anche
nel destino del governo centrale. Il voto ha punito non solo il modo di
amministrare dei presidenti del centrodestra, ma anche la qualità  del governo
di Berlusconi, Fini e Bossi. Tutti loro hanno dato una bella mano all’Unione per
stravincere anche al di là  dei meriti di alcuni dei suoi leader nazionali.
Non sono molti a scommettere che la legislatura potrà  terminare alla scadenza
del 2006. Non è detto però che l’irresponsabilità  del ceto politico non arrivi a
mantenere il Paese in uno stato di non governo per un altro anno. La
resistenza di molti di coloro che nel centrodestra vedono messo a rischio il loro
potere e le loro prebende di parlamentari è molto forte. Con l’aria che tira è
evidente che il seggio sicuro non c’è più per nessuno neanche nel profondo
nord leghista.
Per il centrosinistra la partita resta durissima. Incassato l’enorme risultato
elettorale contro il berlusconismo adesso si tratta di costruire un programma
per uscire dall’ideologia su cui ha costruito le sue fortune l’uomo di Arcore. Non
sarà  facile. Le macerie non sono frutto soltanto del governo di centrodestra.
La Federazione dell’Ulivo ha ottenuto un risultato tale da consolidare la
leadership di Prodi, il più tenace nella scelta. Il progetto unitario è stato
premiato ed ora si tratta di consolidare la prospettiva. Sembra logico che si
vada alla conferma anche per le elezioni politiche. I riformisti con i riformisti
dunque. E la sinistra alternativa che fa? Non è tempo di superare anche le
antiche lacerazioni e lavorare ad un progetto che aggreghi in un simbolo
soltanto per il voto del 2006 Rifondazione e PCDI? Quel 15% di voti a sinistra
dell’Unione non potrebbero unificarsi in un solo contenitore? Continuare a
differenziarsi sulla base di rancori personali sembra paradossale. Ed anche
elettoralmente non premia.
Il voto in Umbria non è dissimile dal resto del Paese. Ed è in continuità  con la
storia della nostra terra. Nelle elezioni regionali del 1975 il Pci e Psi ottennero
335 mila voti, quest’anno l’Unione 291 mila, ma a quei tempi c’era meno
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astensionismo. In Umbria l’Unione ha avuto qualche punto percentuale in più di
altre regioni ed un significativo successo personale per la candidata presidente
Rita Lorenzetti. Anche da noi c’è stata una lotta all’ultima preferenza che ha
lasciato rancori e proteste.
Non è un fatto soltanto di voracità  personale. Il cannibalismo è dovuto ad una
“folle” legge elettorale che favorisce il lobbismo e il localismo più becero e
sollecita il peggio di ciascuno, spappolando ogni ipotesi di formazione di gruppi
dirigenti sovra collegio elettorale.
Se le elezioni hanno prodotto diverse macerie, tra queste vanno evidenziate
quelle dell’unità  dei gruppi dirigenti dei partiti. Una catastrofe. A leggere le
dichiarazioni dei singoli candidati eletti in consiglio regionale viene naturale
pensare che la classe politica sia impazzita. Travolti in Italia, annichiliti in
Umbria, ci sono dirigenti della Casa della Libertà  che enfatizzano nelle
dichiarazioni ai giornali il successo ottenuto nelle preferenze personali.
Dirigenti di primo piano della Federazione dell’Ulivo denunciano congiure,
annunciano dossier e rivendicano al loro prestigio la quantità  di preferenze
raggiunte contro il volere di forze occulte o di istituzioni insensibile al fascino
del candidato. Il quadro è allarmante. Adesso i nostri eroi dovranno governare
ed è evidente che formare la giunta diverrà  un’impresa titanica e superare le
lacerazioni non sarà  facile. Tra le altre macerie c’è la questione della
rappresentanza. Il grado di rappresentatività  territoriale del consiglio regionale
è assolutamente insoddisfacente. Territori iper rappresentati, territori assenti e
territori (l’area vasta di Perugia per dirne uno) sottorappresentati. Non è un
piccolo problema o problema che riguardi solo Locchi.
Ci vorrà  molta sagacia politica per far superare l’impressione, ulteriormente
confermata, di una marginalità  dei gruppi dirigenti perugini nella vicenda
regionale. Mi è stato domandato, da un leader diessino di primo piano, se noi
perugini siamo diventati nel tempo una sottorazza politica. Convinto
antirazzista anche in politica, non sicuro delle teorie di Lombroso, ho risposto
che il problema è da risolvere utilizzando l’intelligenza, magari sollecitando
negli altri un interesse superiore a quello del proprio feudo elettorale. Capisco
l’ingenuità  della risposta.
Corriere dell’Umbria 10 aprile 2005