Auto blue e privilegi

La consuetudine, un tempo (credo che almeno questo non sia cambiato
molto) era quella di un uso morigerato dell’auto di rappresentanza.
Gli amministratori, di ogni livello, in Umbria non amavano andare in
giro con l’auto blue e, quando potevano, l’evitavano come se fosse un
segno del distacco dai cittadini. Si preferiva camminare per strada
senza impacci formali. Era quello anche un modo per ascoltare i pareri
e i giudizi degli amministrati. C’erano anche allora delle eccezioni.
Ricordo un assessore regionale che, tanti anni fa, si permise di
andare allo stadio con l’auto dell’Ente: fu sottoposto a così salaci
critiche che pensò bene di cambiare andando alla partita successiva,
come tutti, con la propria auto.
Una particolarità  dell’Umbria? Credo di si. Siamo una piccola regione
e il controllo sociale ha sempre funzionato per evitare a tutti di
abusare delle proprie posizioni di potere, cercando di avere un
atteggiamento sempre sobrio anche quando l’incarico è di rilievo.
Con le dovute eccezioni, si può affermare che questo è stato ed è il
modo di essere della stragrande maggioranza degli amministratori
umbri. Coloro che, anche recentemente, hanno pensato di evitare il
diretto contatto con gli amministrati, teorizzando il distacco come se
fossero “Priori” della Perugia del cinquecento, sono stati rinviati
nei luoghi di lavoro originari.
In Umbria l’amministrare o il dirigere un Ente o un Partito, è sempre
stato facilitato da una società  molto segnata da una tolleranza e un
rispetto reciproco. Certo anche qui qualche mascalzone scriveva e
scrive lettere anonime e chiacchiera a vanvera. Erano eccezioni.
Indubbiamente la qualità  della vita, che tanti ci invidiano,
condizionava anche la società  politica che in generale tendeva a
sollecitare, da parte dei dirigenti, comportamenti non arroganti.
Un atteggiamento di sobrietà  non si è affermato per caso. L’Umbria è
segnata dalla storia di grandi movimenti di massa e da organizzazioni
sociali e politiche che ne hanno organizzato lo sviluppo economico, ma
anche civile. Anche i movimenti religiosi, in Umbria, hanno questo
segno della tolleranza e della modestia “francescana” come valore in
se.
Un Partito, un Associazione sociale o culturale è anche una comunità ,
piccola o grande non importa, in cui sono previsti comportamenti di
solidarietà  e di lavoro comune, un comune sentire si potrebbe dire,
che esclude arroganze anche nelle forme esteriori: l’auto blue è
utilizzata quando non è possibile farne a meno. Essa non deve essere
uno status symbol, pena il ridicolo.
Anche per tutto ciò, colpisce che amministratori umbri sono costretti
a girare con la scorta della polizia. Nemmeno negli anni terribili del
terrorismo furono, in Umbria, necessari provvedimenti simili.
Al momento in cui scrivo, non si sa perchè, non si sa chi, ha colpito
il VicePresidente della Giunta Regionale Monelli. E’ chiaro però che
si voleva intimorire.
La storia è di rilevanza anche perchè per la nostra comunità  questo
tipo di violenza è l’eccezione non la consuetudine, a differenza di
tante altre parti del Paese.
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Ci stiamo abituando forse a quella violenza minore fatta di scippi, di
furti in casa, di aggressioni che ormai fanno parte della cronaca anche
delle nostre città ?
Non credo. E mi sembrerebbe sbagliata qualsiasi sottovalutazione di
questi segnali sempre più forti anche nella nostra comunità . La tenuta
sociale è un bene prezioso che purtroppo non rientra sempre nelle
statistiche, ma conta molto. L’insicurezza aumenta anche nella nostra
comunità  e a quella derivante dalla mancanza di lavoro si va aggiungendo
anche quella dovuta alla criminalità .
Non siamo stati mai un’isola felice, molti i problemi strutturali che non
siamo riusciti a risolvere. Nel complesso, però, rimaniamo una regione
che non vuole arretrare sul terreno della qualità  della vita.
La violenza contro Monelli è inaccettabile prima di tutto perchè essa si
è rivolta a una persona mite. Ma principalmente perchè, il VicePresidente
,è persona impegnata a portare avanti interessi collettivi sia nella
ricostruzione sia nella gestione del territorio. Non è un fatto di
violenza qualsiasi. Esprimere solidarietà  non è solo giusto, ma
necessario proprio perchè si è voluto colpire qualcuno che sta lavorando
con serietà  e senso del dovere. Si può essere d’accordo o no con le
politiche dell’Ente Regione, si può dissentire. Ciò che non ci è
consentito è lasciare solo Monelli e gli altri amministratori costretti
alla scorta.
Chi pensa che l’essere scortati costituisca un privilegio sbaglia. Certo
c’è stato (ci sono ancora?) qualche arrogantone al potere che pretendeva
oltre l’auto blue anche una bella scorta, magari con la sirena accesa
sempre, ma queste sono altre storie. Proviamo ad immaginarci nel mirino
di qualcuno e si capirà  che è meglio poter camminare a piedi in Corso
Vannucci o in Corso Tacito.
Giornale dell’Umbria 6 settembre 1999